21/05/2015, 00.00
NEPAL
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Nepal, 20 detenuti morti nelle carceri crollate durante il sisma

di Christopher Sharma
Varie Ong denunciano “ancora oggi la presenza di persone chiuse in strutture danneggiate e pericolanti”. Il 55% delle carceri è crollato e non potrà essere riutilizzato. Il governo non fornisce i dati ufficiali sul numero di carcerati morti durante il terremoto del 25 aprile. Le famiglie chiedono che sia garantita la sicurezza dei sopravvissuti e il trasferimento in altri luoghi.

Kathmandu (AsiaNews) - “Sono almeno 20 i prigionieri morti durante il sisma e più di 100 sono rimasti feriti. Ma non disponiamo dei dati ufficiali e temiamo che il numero sia molto più alto”. È la denuncia di Sudip Pathak, attivista e membro della Commissione nazionale per i diritti umani del Nepal. Secondo fonti non ufficiali infatti, il violento terremoto che ha colpito il Paese il 25 aprile - e che ha superato le 8mila vittime accertate e 17mila feriti - ha distrutto o danneggiato più della metà delle prigioni nepalesi. Tra i 20 prigionieri morti nel crollo delle case detentive, almeno 16 si trovavano nel carcere centrale di Kathmandu. Ora i parenti delle vittime e attivisti chiedono al governo di garantire la sicurezza di chi è sopravvissuto.

Pathak critica l’inefficienza del governo “nel garantire la sicurezza di coloro che si trovano sotto il suo controllo. Continuare a detenere i prigionieri in strutture vecchie, fatiscenti e danneggiate è un crimine di Stato. Il governo non è in grado di fornirci i dati esatti sulla capienza totale delle prigioni, il numero dei detenuti - distinto tra cittadini e stranieri - e dei feriti. Questo non è un governo democratico. Siamo riusciti a raccogliere le informazioni non ufficiali da varie organizzazioni non-governative, dato che lo Stato ha paura delle vittime”.

Bed Bahadur Karki, guardia carceraria della prigione centrale della capitale, conferma il numero di 16 vittime - tutte di nazionalità nepalese - ma non sa dare informazioni sulla situazione delle altre carceri. “Circa 200 persone erano presenti durante la scossa di terremoto. Tutti sono terrorizzati ma non abbiamo soluzioni alternative e non possiamo spostarli in un’altra area. I detenuti sono morti a causa del collasso dei vecchi edifici, quando le pareti si sono accartocciate su di loro”, riferisce.

Nira Tamang, vedova di Som Bahadur Tamang deceduto nella prigione centrale, ha ricevuto il corpo del marito defunto. La donna denuncia ad AsiaNews: “I crimini devono essere puniti ma il Paese non ha il diritto di uccidere le persone, costringendole a vivere in luoghi fatiscenti che possono crollare in ogni momento”. “Mio marito - continua - sarebbe dovuto uscire dal carcere una settimana dopo. Ma è stato ucciso. Il governo deve pagare per tale crimine. Tutti i detenuti sopravvissuti soffrono di traumi psicologici, perché la polizia non gli consente di uscire all’aperto nemmeno quando la terra trema”.

Puskar Karki, Capo della Divisione investigativa della polizia a Kathmandu, si difende dalle accuse: “Noi ci occupiamo degli arrestati imputati di qualche crimine, ma dopo il trasferimento all’amministrazione penitenziaria non abbiamo più nulla a che fare con loro”. Anche Surya Siwal, segretario del ministro degli Affari interni, non si assume la responsabilità di quanto accaduto: “Noi trattiamo in modo serio la questione, ma le conseguenze di simili disastri naturali sono al di là del nostro controllo. Stiamo fornendo le cure necessarie ai sopravvissuti e progettando dei posti più sicuri”.

Secondo i dati diffusi dal governo, il 55% delle case detentive nelle zone colpite dal terremoto non sono in condizioni di sicurezza e poche di queste potranno essere riutilizzate. Nel Paese ci sono circa 17.000 reclusi in 72 distretti del Paese. Durante il terremoto del 25 aprile il 90% degli edifici della capitale ha riportato seri danni strutturali e il governo nei giorni scorsi ha deciso di sospendere tutti i progetti di costruzioni approvati in precedenza perché “non soddisfano i criteri di pubblica sicurezza”.

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