Nella capitale del Kashmir "non c'è posto per i cristiani"
La denuncia viene dalla comunità cattolica di Muzafarabad, capitale della zona montuosa. Nonostante le promesse del governo non vi sono chiese né cimiteri. I morti "vengono gettati nel fiume".
Muzafarabad (AsiaNews) Nella capitale del Kashmir la comunità cattolica "non ha la possibilità di comprare case né terre, non può seppellire i suoi morti, non può neanche celebrare la messa di Natale perché non vi sono preti". Bahadar Masih, 65 anni, è un cattolico residente in questa zona montuosa, dove se fa freddo "non si può arrivare a piedi né ci si può spostare".
"Nel pomeriggio del 25 dicembre racconta il parroco è riuscito a raggiungerci da Abottabad, il punto più vicino con un prete residente. Abbiamo celebrato la messa di Natale nella casa di uno di noi". "Alcuni evangelici che vivono in zone vicine racconta Liaqat Masih, 28 anni ogni tanto vengono a trovarci, sia per le messe domenicali che in altre occasioni, ma questo è tutto".
Il problema non si limita a questo. "Ci siamo trasferiti qui nel 1979 sottolinea la signora Khurseed, impiegata municipale di 58 anni perché il governo aveva promesso ogni agevolazione per noi. La promessa non è mai stata mantenuta".
Padre Inayat Patras, parroco della chiesa cattolica di Abottabad, racconta ad AsiaNews come la promessa del governo sia arrivata "dopo una tragedia". "L'ultima settimana di luglio racconta - è morta una bambina cristiana in città, ma i genitori hanno dovuto affittare un camion per seppellirla in un villaggio del Punjub: qui non era loro permesso. Sul camion vi erano 12 familiari della piccola defunta ma, a causa di uno smottamento, il veicolo è precipitato in un fiume. Dei parenti, 6 sono morti nell'incidente, 2 sono morti affogati e gli altri sono tutti feriti".
"Viviamo in case in affitto riprende Khurseed e non abbiamo chiese né cimiteri. La comunità musulmana non ci permette nemmeno di seppellire i nostri morti nei loro cimiteri". "Per seppellire i nostri morti conclude dobbiamo viaggiare lontano, ma muoversi da qui comporta molti pericoli". "Siamo costretti a gettare i cadaveri nei fiumi ammette con dolore Perveen Riasat, 36 anni perché non abbiamo alternative".
"Abbiamo deciso di mettere in pratica un altro piano continua il parroco perché così non possiamo andare avanti. Troveremo dei buoni avvocati per ottenere il permesso di comprare terra e case. Troveremo anche dei finanziatori che possano donare i soldi necessari per fare tutto questo". "Sono più di 30 anni conclude p. Patras - che i cattolici vivono qui, ma il mondo deve sapere in che condizioni miserevoli".
26/11/2021 10:12