Nella Turchia "laica" si diffonde l'uso del velo islamico
L'uccisione da parte di un fanatico religioso del giudice Ozbilgin, accusato di aver vietato ad una donna l'uso del "turban" a scuola evidenzia quanto sia divenuta scottante la questione del velo, che divide i difensori della laicità dello Stato dai "religiosi".
Istanbul (AsiaNews) L'uccisione da parte di un fanatico religioso del giudice turco Yucel Ozbilgin, "colpevole" di aver negato ad una donna di indossare il velo islamico durante il lavoro a scuola, ha evidenziato quanto sia divenuta scottante nella "laica" Turchia la questione del velo.
Vietato del tutto nei primi decenni della Repubblica turca, il velo è stato gradatamente riammesso nel corso degli ultimi anni e ora lo si può vedere indossato in tutti i modi e in tutti i colori a seconda dell'età, della moda, della propria tradizione familiare. Per regolare e contenere questa esplosione religiosa "popolare" femminile, dal 1997 l'uso del velo islamico è proibito nelle scuole, inclusa l'Università, e negli edifici di Stato, dato che il turban (questo velo che copre i capelli e si attorciglia attorno al collo) venne considerato un simbolo politico antilaico oltre che antiliberale perché sostenne la parte laica del paese - simboleggia la segregazione e la sottomissione della donna nelle società musulmane.
I dirigenti del partito islamico AKP, attualmente al governo in Turchia con il premier Erdogan, avevano promesso ai loro elettori l'abolizione di questo divieto, considerato una violazione delle libertà di culto e di espressione. Ma per i "kemalisti" turchi questo divieto continua ad essere un baluardo del carattere laico della Repubblica turca voluto dallo stesso padre della patria Kemal Ataturk per salvaguardarne la laicità. Inoltre i laici sostengono che normalmente le donne subiscono sin da bambine forti pressioni (fino al ricatto morale e religioso) familiari e sociali a portare il velo e ad accettare un ruolo sottomesso e segregato nella società per cui - secondo essi - non si può parlare in alcun modo di "libertà" o di "libera scelta".
Sta di fatto che tutto ciò crea tensioni, spaccando la società civile a discapito delle donne.
Alle ragazze che cercano di entrare nelle università con il velo è proibito l'accesso e così in questi anni oltre diecimila studentesse, per le quali il velo non è solo un "pezzo" d'abbigliamento ma parte della loro identità, hanno lasciato gli studi universitari o hanno ripiegato sulle scuole coraniche. Nel 2004 solo nelle 350 scuole coraniche di Istanbul, su ventimila iscritti, sedicimila erano donne e ragazze musulmane praticanti. Scelta obbligata che può rivelarsi controproducente per un cammino di modernizzazione anticonfessionale.
Così, benché lo stesso presidente della Repubblica turca, Ahmet Necdet Sezer, ancora nei primi mesi del 2006 abbia posto il veto sulla proposta di legge sull'abrogazione del divieto di velo, si è visto però costretto a concedere l'amnistia a migliaia di donne espulse dalle università perché indossavano il velo islamico vietato dal sistema scolastico laico vigente nel Paese.
E' in questo quadro che mercoledì 17 maggio è stata assassinato da un suo collega un avvocato turco, perché, il 23 aprile, difendendo la laicità dello Stato, si era dichiarato contrario all'uso del velo per una donna musulmana insegnante e direttrice di una scuola materna. Yucel Ozbilgin è stato colpito al cervello con un colpo di pistola, mentre svolgeva il suo lavoro di giudice, insieme ad altri cinque suoi colleghi di cui due donne anch'essi gravemente feriti durante la sparatoria avvenuta nel tribunale di Istanbul. A sparare, l'avvocato Alparslan Arslan, che, facendo fuoco con ben undici colpi di proiettili, ha urlato: "Allahu Ekber. Allah è grande. Il furore di Dio sia contro di voi. Noi siamo i suoi messaggeri e soldati". Questo giovane avvocato, non ancora trentenne, già nel 2001 era stato pedinato dalla polizia per i suoi modi aggressivi di comportarsi e per il suo fanatismo religioso.
Colpisce il fatto che sia riuscito ad entrare armato nell'aula del tribunale, passando inosservato. Appena catturato mentre tentava la fuga, gli è stata trovata in mano una pistola "Glock" definita "pistola fantasma" perché capace di sfuggire ai metal detector. E' della stessa marca e fattura di quella usata per ammazzare don Andrea Santoro.
Più di ventimila persona hanno partecipato ai funerali di Ozbilgin, presente anche il presidente della Repubblica turca, Sezer, che ha condannato il gesto e si è detto sconcertato per questo attacco rivolto non solo ad un avvocato fatto di per sé già estremamente grave, - ma certamente anche alla Costituzione turca e alla laicità dello Stato. Anche il primo ministro Erdogan, che non è andato ai funerali, ha espresso la sua disapprovazione per tale gesto e, di fronte al sospetto che questa azione sia stata da lui velatamente approvato, ha dichiarato che si sbaglia chi vuole legare questo assassinio alla "questione del velo".