Nel tramonto del credito Usa la Cina vede il proprio tracollo
di Wang Zhicheng
Caustici commenti dal Quotidiano del popolo e da Xinhua contro i politici americani, la loro democrazia, inutile, il loro avventurismo militare. Ma vi è soprattutto paura che il dollaro venga inflazionato, trascinando anche la Cina, che possiede 1160 miliardi in titoli di Stato. La supplica di Pechino.
Pechino (AsiaNews) –Da alcuni giorni sul Quotidiano del popolo e sull’agenzia Xinhua si sprecano i commenti sul declassamento del debito degli Stati Uniti. Anche oggi ve ne sono due o tre. Ma nessuno di questi commenti sembra rappresentare la voce ufficiale: finora i massimi leader si sono tenuti in un riserbato silenzio e i testi pubblicati appaiono troppo discordi fra di loro nei temi e nei modi.
Essi passano da un’accusa di “irresponsabilità” dei politici americani, fino a dubitare dell’efficacia della democrazia Usa; dalle offese sulla “dipendenza da drogati” per il debito della popolazione americana, fino alle accuse contro il militarismo e l’avventurismo Usa in Iraq e Afghanistan.
Ma alla fine, tutti i commenti finiscono in supplica che gli Stati Uniti onorino i loro debiti “per mantenere stabile il dollaro” e dare speranza alla crescita economica mondiale.
IL commento pubblicato oggi sul Quotidiano del popolo (a firma di Zhong Sheng, “voce della Cina”), sottolinea che le difficoltà degli Usa (e dell’Europa) derivano dalle loro strutture democratiche e dal partitismo, che fa mettere i propri interessi al primo posto, invece che quelli della nazione.
“Bisogna comprendere che se gli Usa , l’Europa e altre economie avanzate falliscono nel portare le loro responsabilità e continuano il loro incessante disordine [basato] su interessi egoistici, questo frenerà in modo serio uno sviluppo stabile dell’economia globale…La gente ha profondo senso negativo riguardo la capacità decisionale della politica delle nazioni occidentali”.
E riferendosi agli Stati Uniti, il commento predica: “Ciò che è stato portato sull’orlo del precipizio non è l’economia globale, ma la politica di Washington”.
Due giorni fa, quando Standard & Poor’s ha declassato il debito Usa ad Aa+, su Xinhua è apparso un altro commento, perfino sprezzante, che accusa gli States di essere “dipendente dal debito” e che è tempo di “stringere la cinghia”, risparmiando.
Oggi, Xinhua, riportando un commento in cui si accusano gli Stati Uniti di spendere troppo nelle armi e nell’esercito, con grandi spese in Iraq e Afghanistan, consiglia alla superpotenza in declino che “è tempo… di riflettere sui propri doveri e pensieri di dominio” e domanda a Washington di “cambiare le sue politiche di interferenza all’estero”.
Il commento accusa anche gli States di volere a tutti i costi “un dollaro debole” per rafforzare le esportazioni americane: “per questi disperati politici, potenziare le esportazioni sembra essere l’ultimo tentativo per dare un scossa all’economia Usa”.
Eppure tutti i commenti finiscono poi dicendo che prima di ogni mossa, gli Stati Uniti non devono dimenticare “la responsabilità di emettitore di moneta di riserva per mantenere stabile il valore del dollaro”, che è poi quanto alla Cina serve.
La Cina è Paese con una riserva monetaria straniera la più ricca al mondo. Ma il suo problema che almeno il 70% delle sue riserve – fra titoli di Stato e altri investimenti - sono in dollari. Pechino ha oggi almeno 1160 miliardi di dollari in titoli di Stato Usa. Una caduta del dollaro impoverisce almeno altrettanto la stessa Pechino.
In più, gli Stati Uniti sono il Paese a più alta importazione cinese, con 364,9 miliardi di dollari. Se le esportazioni verso gli States diminuiscono, il problema della sovrapproduzione cinese, già forte, diviene ancora più serio, con conseguenze sulla disoccupazione e sule tensioni sociali. Per questo, un altro commento di Xinhua, a firma di Li Xiangyang, dice che “gli americani non devono stringere la cinghia”: se riducono i consumi, addio esportazioni cinesi.
Secondo analisti, questi commenti servono soprattutto per calmare l’opinione pubblica cinese preoccupata di un possibile impoverimento del Paese (“svenduto all’America”, come dicono), esaltando la capacità decisionale, la nulla democrazia, il patriottismo anti-taiwanese dei cinesi. Ma rimane sempre l’ultima supplica: “Prima che gli Usa facciano qualunque mossa, per favore ricordate: non dimenticate la vostra responsabilità come emettitore di moneta di riserva per mantenere stabile il valore del dollaro”.
Essi passano da un’accusa di “irresponsabilità” dei politici americani, fino a dubitare dell’efficacia della democrazia Usa; dalle offese sulla “dipendenza da drogati” per il debito della popolazione americana, fino alle accuse contro il militarismo e l’avventurismo Usa in Iraq e Afghanistan.
Ma alla fine, tutti i commenti finiscono in supplica che gli Stati Uniti onorino i loro debiti “per mantenere stabile il dollaro” e dare speranza alla crescita economica mondiale.
IL commento pubblicato oggi sul Quotidiano del popolo (a firma di Zhong Sheng, “voce della Cina”), sottolinea che le difficoltà degli Usa (e dell’Europa) derivano dalle loro strutture democratiche e dal partitismo, che fa mettere i propri interessi al primo posto, invece che quelli della nazione.
“Bisogna comprendere che se gli Usa , l’Europa e altre economie avanzate falliscono nel portare le loro responsabilità e continuano il loro incessante disordine [basato] su interessi egoistici, questo frenerà in modo serio uno sviluppo stabile dell’economia globale…La gente ha profondo senso negativo riguardo la capacità decisionale della politica delle nazioni occidentali”.
E riferendosi agli Stati Uniti, il commento predica: “Ciò che è stato portato sull’orlo del precipizio non è l’economia globale, ma la politica di Washington”.
Due giorni fa, quando Standard & Poor’s ha declassato il debito Usa ad Aa+, su Xinhua è apparso un altro commento, perfino sprezzante, che accusa gli States di essere “dipendente dal debito” e che è tempo di “stringere la cinghia”, risparmiando.
Oggi, Xinhua, riportando un commento in cui si accusano gli Stati Uniti di spendere troppo nelle armi e nell’esercito, con grandi spese in Iraq e Afghanistan, consiglia alla superpotenza in declino che “è tempo… di riflettere sui propri doveri e pensieri di dominio” e domanda a Washington di “cambiare le sue politiche di interferenza all’estero”.
Il commento accusa anche gli States di volere a tutti i costi “un dollaro debole” per rafforzare le esportazioni americane: “per questi disperati politici, potenziare le esportazioni sembra essere l’ultimo tentativo per dare un scossa all’economia Usa”.
Eppure tutti i commenti finiscono poi dicendo che prima di ogni mossa, gli Stati Uniti non devono dimenticare “la responsabilità di emettitore di moneta di riserva per mantenere stabile il valore del dollaro”, che è poi quanto alla Cina serve.
La Cina è Paese con una riserva monetaria straniera la più ricca al mondo. Ma il suo problema che almeno il 70% delle sue riserve – fra titoli di Stato e altri investimenti - sono in dollari. Pechino ha oggi almeno 1160 miliardi di dollari in titoli di Stato Usa. Una caduta del dollaro impoverisce almeno altrettanto la stessa Pechino.
In più, gli Stati Uniti sono il Paese a più alta importazione cinese, con 364,9 miliardi di dollari. Se le esportazioni verso gli States diminuiscono, il problema della sovrapproduzione cinese, già forte, diviene ancora più serio, con conseguenze sulla disoccupazione e sule tensioni sociali. Per questo, un altro commento di Xinhua, a firma di Li Xiangyang, dice che “gli americani non devono stringere la cinghia”: se riducono i consumi, addio esportazioni cinesi.
Secondo analisti, questi commenti servono soprattutto per calmare l’opinione pubblica cinese preoccupata di un possibile impoverimento del Paese (“svenduto all’America”, come dicono), esaltando la capacità decisionale, la nulla democrazia, il patriottismo anti-taiwanese dei cinesi. Ma rimane sempre l’ultima supplica: “Prima che gli Usa facciano qualunque mossa, per favore ricordate: non dimenticate la vostra responsabilità come emettitore di moneta di riserva per mantenere stabile il valore del dollaro”.
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