Nel 2025, assetati due terzi del mondo
Nella Giornata mondiale dell’acqua l’Onu avverte che inquinamento e una cattiva gestione del bene sono tra i principali fattori dell’allarme siccità; Nord Africa, Medio Oriente e Asia dell’ovest le regioni più colpite.
Ginevra (AsiaNews/Agenzie) – Inquinamento, surriscaldamento globale e una cronica mala gestione delle risorse idriche sono tra i fattori principali dell’allarme siccità. A dirlo sono le Nazioni Unite in occasione della 22esima Giornata mondiale dell’acqua oggi, 22 marzo. Il tema scelto per quest’anno è “Fronteggiare la scarsità” del bene: il problema siccità riguarda 43 Paesi. L’Onu stessa sottolinea che sulla Terra c’è acqua a sufficienza per tutti, ma solo se viene gestita in modo adeguato.
Secondo l’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), entro il 2025, 1,8 miliardi di persone vivranno in Paesi o regioni con una scarsità d’acqua assoluta, e due terzi della popolazione mondiale potrebbero vivere in serie condizioni di mancanza d’acqua. Mentre il surriscaldamento del pianeta – avvertono gli esperti – può solo acuire il problema. Le nazioni con maggiore difficoltà nell’accesso all’acqua saranno quelle nordafricane, mediorientali e dell’Asia occidentale.
L'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) afferma che al di sotto della soglia di 50 litri d’acqua al giorno si può già parlare di sofferenza per mancanza di acqua: di fatto il 40% della popolazione umana (2,5 miliardi di individui) vive in condizioni igieniche impossibili soprattutto per carenza di acqua. Le persone colpite sono già tra le più povere al mondo, di cui più della metà vive in Cina e in India, secondo le stime dell’Onu. Per malattie legate al mancato accesso ad acqua pulita ogni anno muoiono 11 milioni di persone.
Il consumo di acqua nei Paesi africani varia in media tra 12 e 50 litri al giorno per abitante, in quelli europei tra 170 e 250 litri, negli Stati Uniti raggiunge i 700 litri. Solo16 persone su 100 possono aprire un rubinetto e usufruire di acqua potabile, priva di sostanze inquinanti o agenti patogeni; 84 persone su 100, invece, devono cercarla, spesso molto lontano dalle abitazioni, presso fonti dove la disponibilità è scarsa e la qualità scadente.
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