Nel 2009, civili afghani vittime soprattutto dei talebani
Kabul (AsiaNews) – Aumentano i civili uccisi in Afghanistan, che nel 2009 sono stati 2.412 secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per l’assistenza (Anama). Il 67% delle vittime civili sono state causate dai talebani (rispetto al 40% del 2008) e il 25% sono morti per operazioni dei soldati afgani e delle forze internazionali, soprattutto per raid aerei. Per il restante 8% non è stato possibile determinarlo. La stessa Agenzia indica che i dati sono incompleti per difetto.
E’ il bilancio peggiore in 8 anni di guerra, con un aumento del 14% rispetto ai 2.118 morti del 2008. Esperti lo ritengono segno del mutamento di strategia dei talebani, che hanno incrementato gli attentati nelle città per ostacolare la stessa organizzazione della vita civile. Infatti circa il 44% dei civili sono morti in attentati suicida o per bombe artigianali.
Il dato è stato accolto con parziale soddisfazione dalle forze militari statunitensi, impegnate a ridurre le vittime civili anche per sedare le molte proteste e meglio conquistare la fiducia della popolazione. Invece i talebani avevano contestato la notizia anticipata il 7 gennaio dal segretario Onu Ban Ki-moon e avevano insistito che i civili sono uccisi soprattutto dai soldati stranieri.
Peraltro il rapporto Onu critica che molte installazioni militari Usa e Nato sono poste in zone civili, cosa che aumenta il rischio di attentati in tali aree.
Il dossier evidenzia che nel 2009 la violenza è andata crescendo e gli attacchi dei talebani si sono estesi dal sud del Paese anche ad aree un tempo stabili come la provincia di Kunduz e tutto il nord-est. Per questo esperti ritengono “probabile” che il numero delle vittime civili cresca ancora, dopo che Stati Uniti e Nato avranno inviato altri circa 40mila soldati per stabilizzare l’area.
Fonti di AsiaNews commentano che il dato dimostra come i talebani sono “sempre più forti” e la guerriglia “è ogni giorno più efficace”, tanto che “non c’è possibilità di vittoria con un conflitto militare”. L’Afghanistan - essi dicono - vive una situazione di stallo a livello sociale e politico. L’invio di nuove truppe “non migliorerà” la situazione, come già si è visto in tutti questi anni.
“Il vero problema – prosegue la fonte, anonima per motivi di sicurezza – è la ripresa della vita civile. Dopo l’intervento Usa nel 2001, c’era la speranza e la sensazione che qualcosa potesse cambiare. Ora nella popolazione prevale una sensazione diffusa di insicurezza sociale: mancano ponti, strade, scuole, fognature, il 90% della popolazione è analfabeta. Non è nemmeno più possibile operare con le cliniche mobili, che invece un tempo potevano raggiungere i villaggi lontani senza paura di attacchi”.
“La gente manca di tutto e assiste alla nascita di ville lussuose in certe zone di Kabul. C’è una diffusa corruzione che riguarda non solo il governo locale ma anche i miliardi di euro per la ricostruzione investiti dalla comunità internazionale ”. Sarebbe quindi necessaria “una ripresa etica”, con attenzione primaria ai servizi essenziali, grazie al fiume di denaro che arriva dall’estero.
24/08/2021 12:30
07/07/2021 09:02
25/05/2020 08:59