Nei call centres dell'India misure di sicurezza degne del Grande Fratello
Severi controlli sui dipendenti: perquisizioni, telecamere, registrazioni. Dopo i recenti scandali si teme la perdita di clienti in un settore che vale 5,7 miliardi di dollari Usa e dà 350 mila posti di lavoro.
New Delhi (AsiaNews/Agenzie) Misure di sicurezza degne del Grande Fratello nei call centres dell'India, per garantire i clienti occidentali.
L'India è leader tra i Paesi che forniscono lavoro di ufficio e call centres per le ditte occidentali. L'industria dell'outsourcing ha un indotto di 5,7 miliardi di dollari Usa e cresce del 40% ogni anno. Ma teme di perdere settori di mercato a favore di altri Stati, dopo i recenti scandali.
All'inizio del 2005 sui conti di clienti della Citibank, negli Stati Uniti, "sparirono" somme per totali 400 mila dollari. La banca accertò che le transazioni irregolari provenivano dal suo call centre indiano, MphasiS, a Pune, nel Maharashtra.
In aprile sono stati arrestati 3 impiegati di MphasiS, ditta in cui 6 mila dipendenti indiani curano le pratiche di carte di credito per le banche americane. Sono accusati di avere commesso truffe tramite le carte di credito: nei colloqui telefonici inducevano i clienti della Citibank a rivelare i codici personali di accesso.
Grave il danno per l'immagine pubblica dell'industria indiana di outsourcing, già ritenuta dagli esperti occidentali poco sicura nella tutela e nella diffusione delle informazioni.
A giugno, il reporter di un quotidiano britannico ha raccontato di avere comprato i dati bancari e personali di mille cittadini britannici per 15 dollari Usa ciascuno, da un dipendente di un call centre di New Delhi. I dati riguardavano i clienti delle principali banche britanniche, come la HSBC, la Barclays e la Lloyds TSB. Il dipendente, racconta il quotidiano, assicurava di poter fornire ogni mese i dati relativi a 200 mila conti bancari.
In India circa 350 mila persone sono impiegate in call centres che forniscono lavoro a ditte internazionali (4 anni fa erano 42 mila). In risposta a questi "incidenti", sono state imposte rigide misure di sicurezza. Gli analisti stimano che le società di outsourcing hanno aumentato la spesa del 20% in 6 mesi per applicare sofisticati dispositivi di sorveglianza.
In alcune ditte i dipendenti vengono perquisiti all'ingresso, debbono vuotare la borsa e far vedere cellulari, penne, block notes. Nella postazione dove lavorano sono osservati tramite telecamere e le conversazioni telefoniche sono registrate. Viene preso nota di quando l'impiegato esce per un break e quanto spesso.
La maggior parte dei call centres ora nega ai dipendenti l'uso di internet o di e-mail e l'accesso a certe zone dell'ufficio richiede uno speciale lasciapassare con password. Non è permesso avere fogli di carta, per impedire ai lavoratori di segnarsi i dati bancari.
Presso l'ICICI OneSource di Mumbai, società che lavora con le carte di credito e opera vendite per le maggiori banche Usa ed europee, i terminali dei computer sono privi di accessi per floppy disk e cd per impedire che i dati vengano copiati.
Altre ditte, come Hero ITES, tengono sotto controllo la situazione economica dei dipendenti.
Molti impiegati lamentano che il lavoro sembra svolgersi in un carcere. Ma lo scorso giugno il primo ministro Manmohan Singh ha indicato come necessaria una riforma della legge, per "assicurare che ogni violazione della segretezza, ogni divulgazione illegale di informazioni commerciali o comunque riservate e ogni altra forma di crimine cibernetico sia punita come reato". (PB)
28/07/2016 08:44