Negati gli ultimi sacramenti ai tre condannati a morte in Indonesia
Il Procuratore di Palu proibisce a "Tibo e compagni" di partecipare alla messa prima della fucilazione; impedito anche l'allestimento della camera ardente nella cattedrale cittadina, come richiesto dai tre. Le ultime dichiarzioni: "Siamo innocenti, vittime di un complotto politico".
Palu (AsiaNews) Le autorità indonesiane hanno negato ai tre cattolici condannati a morte a Palu il loro diritto a partecipare ad un'ultima messa, prima di presentarsi stanotte davanti al plotone che li fucilerà. Nelle loro ultime dichiarazioni pubbliche Fabianus Tibo, Marinus Riwu e Dominggus da Silva, si dichiarano pronti a morire, ribadiscono la loro innocenza, dicendosi vittime di un complotto politico.
Oggi l'Ufficio del Procuratore di Palu ha negato ai tre di ricevere "l'assistenza spirituale" del sacerdote che li ha seguiti finora nel carcere Petobo. È proprio lui, p. Jimmy Tumbelaka, parroco della chiesa di Santa Teresa a Poso, a riferire la notizia. Il sacerdote ha aggiunto che il Procuratore ha anche vietato l'allestimento della camera ardente nella cattedrale St. Mary di Palu, come disposto dai tre. "Sono profondamente dispiaciuto del fatto che il Procuratore abbia respinto la loro richiesta di confessarsi e ricevere i sacramenti per l'ultima volta" ha dichiarato il sacerdote. Si tratta di una grave violazione da parte della autorità: il sistema legale indonesiano stabilisce, infatti, che le richieste di un condannato a morte siano tenute debitamente in conto e per quanto possibile soddisfatte.
P. Tumbelaka non si è comunque scoraggiato e nel tardo pomeriggio ha celebrato messa fuori dalla prigione Petobo, dove sono giunti i familiari dei tre cattolici. Ingenti le misure di sicurezza intorno alla prigione di Palu, come pure agli uffici governativi, all'aeroporto Mutiara e alla chiesa St. Mary.
Tibo e compagni dovevano essere giustiziati ieri, ma l'esecuzione è stata rimandata. Sebbene non vi siano comunicazioni ufficiali sembra ormai certo che la fucilazione avverrà subito dopo la mezzanotte di oggi (ora locale) in un luogo non precisato. Fonti anonime dicono che qualche ora prima della "scadenza" i tre verranno trasferiti in un'altra prigione per poi essere portati definitivamente sulla "scena della morte", di solito all'aperto e lontano da abitazioni.
"Non abbiamo più lacrime da versare ha detto fuori dal carcere il figlio di Tibo, Robert e neppure voce per gridare". "Non ho paura di morire - ha detto Tibo nella sua ultima dichiarazione pubblica - prego per i miei familiari, affinchè riescano a tirare avanti e mi perdonino per non essere stato loro vicino in questi anni". "Le mie mani sono pulite - sono le parole di Riwu - siamo innocenti. Si tratta di un complotto politico per coprire i 16 nomi, che abbiamo denunciato come i reali colpevoli delle violenze di cui accusano". Allo stesso modo da Silva: "La legge è contro di noi, per anni abbiamo cercato di svelare la verità, ma ci hanno messo a tacere".
In queste ore numerosi gruppi per i diritti umani, organizzazioni cristiane ed esponenti di spicco del mondo religioso e civile hanno chiesto a Jakarta di non eseguire il verdetto capitale. Da più parti, "Tibo e compagni" sono ritenuti vittime di un processo iniquo e strumentalizzato dai fondamentalisti islamici. I tre sono ritenuti colpevoli del massacro di circa 70 musulmani avvenuto durante gli scontri interreligiosi di Poso nel 2000. Per quei fatti non vi sono altri condannati.