Naufragio a West Java: sale a 21 il bilancio delle vittime, molti arrivano dal Medio Oriente
Jakarta (AsiaNews) - Proseguono le operazioni di soccorso lungo le coste occidentali di Java a seguito del naufragio, avvenuto il 28 settembre scorso, di un barcone con a bordo centinaia di migranti mediorientali. Le autorità di Jakarta, impegnate nel fornire assistenza alle vittime, riportano un bilancio di 21 morti e 35 superstiti; decine ancora i dispersi.
I profughi fuggivano soprattutto dalla Siria, dal Libano e dall'Iraq. Fonti anonime, interne agli apparati di sicurezza di Beirut, riferiscono ad Afp che l'intensificarsi dell'immigrazione siriana nel Paese sta spingendo centinaia di libanesi a chiedere asilo a Canberra: "Ottenere un visto di uscita dal Libano è semplice - spiega la fonte - una volta arrivati a Jakarta i migranti raggiungono per vie clandestine l'isola di Java, dalla quale salpano sui barconi che li portano in Australia".
Proprio lungo le coste meridionali dell'Indonesia, inoltre, è pratica sempre più diffusa tra i pescatori che possiedono una propria imbarcazione chiedere somme elevatissime per traghettare i migranti fino in Australia. Il barcone, che avrebbe dovuto portare i profughi fino alla piccola isola del Natale (Australia), è stata danneggiata dalle forti onde poco dopo aver lascato la costa ed è affondata al largo della spiaggia di Cikole. Jakarta, i cui medici stanno garantendo le prime cure ai sopravvissuti, non ha ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali sull'incidente.
Il dramma dei giorni scorsi ha risollevato le critiche mosse dalla comunità internazionale alla 'linea dura' scelta da Canberra sul problema dei rifugiati. Il 19 luglio scorso, l'allora Primo Ministro Kevin Rudd - al quale è subentrato il 18 settembre Tony Abbot - ha firmato infatti con la Papua Nuova Guinea un accordo per l'assorbimento dei migranti, raccogliendo la condanna sia della Chiesa che delle Nazioni Unite: Canberra smette di rilasciare visti d'asilo e invia i rifugiati clandestini sull'isola papuana di Manus, dove un centro di raccolta è incaricato di analizzare ogni singola richiesta e smistare quelle considerate idonee tra la Papua e altre isole del Pacifico.