Nasce un regolamento per i missionari laici
Si discute il problema delle garanzie
Seoul (AsiaNews/UCAN) Il primo passo verso il riconoscimento formale della presenza di missionari laici nelle opere della Chiesa è stato fatto. Le "Regole per i missionari laici dell'arcidiocesi di Kwangju", è il documento con il quale un'arcidiocesi della Corea del Sud ha definito la posizione dei missionari laici che operano al suo interno, ma resta aperto il problema delle garanzie offerte.
Nel 2002, per la prima volta, i laici del Paese avevano chiesto alla Chiesa di riconoscere e sostenere in modo ufficiale le loro attività, attraverso la collaborazione delle diocesi e con una adeguata retribuzione per la loro attività pastorale ed educativa. A distanza di due anni, il 10 maggio scorso, l'arcivescovo di Kwangju, Andrew Choi Chang-mou, ha annunciato la stesura del regolamento per la sua arcidiocesi. "Il valore di queste Regole sta nel fatto che sono state formulate dal basso, dai diretti interessati", ha detto Francis Lee Seong-eun, uno dei missionari laici della diocesi che ha partecipato alla redazione del documento, esprimendo la sua soddisfazione.
Le "Regole" si basano su 17 articoli che coprono diversi aspetti dell'operato e della vita dei missionari laici: nomine e licenziamenti, educazione dei bambini, contratti e sospensioni d'incarico, formazione, permessi, documenti di riconoscimento, salari e pensioni.
In Corea del sud i missionari laici sono circa 70 e vivono principalmente nelle aree più remote, quelle che i sacerdoti non riescono a visitare regolarmente. Si occupano dell'assistenza ai malati, svolgono alcuni servizi religiosi, fanno catechesi e sbrigano anche alcune questioni amministrative, se necessario. Il riconoscimento di missionario laico si ottiene dopo un corso di due anni presso il Catholic Catechetical Institute di Seoul, diretto dalla Conferenza episcopale cattolica. Tra le materie del piano di studi diritto canonico, storia della Chiesa , teologia morale e spirituale.
P. Andrei Heo Woo-young, vice amministratore dell'Ufficio pastorale per le missioni dell'arcidiocesi, ha raccontato che prima la situazione era troppo precaria: "qualsiasi parroco di Kwangju poteva, in modo arbitrario, nominare e licenziare missionari", mentre ora il regolamento cerca di contenere questa usanza.
Tuttavia, le "Regole", secondo alcuni laici, possono considerarsi solo un "passo avanti" e non la soluzione al problema. Manca ancora, infatti, un importante traguardo da raggiungere: il trasferimento diretto del potere decisionale su nomine, trasferimenti e licenziamenti all'arcivescovo, unico modo per assicurare ai missionari la garanzia di un lavoro dopo la scadenza del loro mandato. Allo stato attuale, infatti, "ogni missionario laico è costretto ancora a cercarsi, da solo e velocemente, un nuovo impiego per sopravvivere", ha dichiarato Lee, 47 anni e padre di sei bambini.
Assumersi la responsabilità delle nomine, dei trasferimenti e delle sospensione è, però, secondo p. Heo, insostenibile per l'arcidiocesi che dovrebbe, così, pagare anche i salari.
Il regolamento, attualmente, stabilisce che ogni parroco paghi, con i fondi parrocchiali o della missione, un salario mensile tra i 600 mila e i 700 mila won (pari a 500-600 dollari USA). Statistiche del Ministero del lavoro dicono che nel 2003, il salario mensile di un lavoratore a tempo pieno è stata di 1.530.000 won.
L'arcidiocesi di Kwangju si trova 266 Km a Sud di Seoul. Ha 22 missionari laici, di cui 15 uomini e 7 donne, 100 parrocchie e 80 missioni in corso. (MA)