Myanmar: via libera a “tutti” i soccorritori internazionali
Lo riferisce il segretario generale Onu, dopo un incontro con il capo della giunta Than Shwe. L’aeroporto di Yangon sarà l’hub per tutti i voli di soccorso. Dopo le promesse si attendono le prime azioni concrete.
Naypydaw (AsiaNews) – Potrebbe essere ad una svolta la crisi umanitaria in Myanmar, dove a tre settimane dal ciclone Nargis si continua a morire di fame e malattie, anche nei centri dove si raccolgono i superstiti. Il capo della giunta militare, il generale Than Shwe, ha accettato oggi di far entrare "tutti" gli operatori umanitari, finora tenuti alle porte del Paese, negando visti e permessi di ingresso. Lo ha riferito il segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon dopo il suo incontro con i vertici del regime a Naypydaw, la nuova capitale. Gli analisti rimangono in attesa di vedere come si concretizzeranno le promesse dei generali, in passato puntualmente disattese. Fino ad oggi i generali hanno accettato di far atterrare aerei provenienti da tutto il mondo, tra cui anche dagli Stati Uniti, ma hanno imposto di distribuire di persona gli aiuti.
Alla domanda se si tratti di una svolta, Ban ha risposto: "Penso di sì". Sui generali potrebbe avere influito l'atteggiamento della CIna, storica alleata, che nella tragedia del terremoto dle Sichuan ha accolto con favore i soccorsi esterni. Than Shwe ha acconsentito all’utilizzo dell’aeroporto di Yangon come hub internazionale per la distribuzione degli aiuti; non è ancora chiaro però se oltre alla concessione dei visti, gli operatori umanitari potranno accedere alle zone del delta dell’Irrawaddy, le più colpite e finora off limits agli stranieri e ai birmani stessi.
Il ciclone ha fatto ufficialmente 134mila morti e dispersi. Ma senza un adeguato intervento di soccorso su vasta scala, il numero delle vittime potrebbe salire di molto, avvertono le Ong internazionali. La missione di Ban aveva proprio lo scopo di convincere la giunta ad aprire agli aiuti messi a disposizione dalle principali Ong e agenzie mondiali, ma bloccati alla frontiera o “rubati” dai militari messi in campo dalla giunta. Il controllo della comunità internazionale sulla destinazione del materiale di soccorso che entrerà in Birmania è un aspetto importante ancora da definire.
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