Myanmar: i ribelli negano ogni coinvolgimento con gli attentati di Yangon
Yangon (AsiaNews/Agenzie) – I gruppi ribelli del Myanmar negano ogni responsabilità per le 3 bombe esplose sabato 7 maggio, che hanno ucciso 11 persone e ne hanno ferito altre 162.
La giunta militare al potere nel Paese ha infatti subito accusato - tramite i media governativi - 3 gruppi ribelli (lo Shan state army, la Karen national union e il Karenni national progressive party) e il Partito Democratico in esilio di essere gli autori degli “attentati terroristi” in affollati centri commerciali a Yangon. Secondo i militari lo scopo dei ribelli è quello di distruggere “la pace e l’ordine pubblico” e di “sovvertire lo Stato”.
I ribelli hanno contestato in blocco le accuse ed hanno indicato come vera causa degli attentati la “lotta sotterranea per il potere” tra i vari gruppi militari al governo. I dissidi interni sarebbero collegati all’esclusione, durante lo scorso ottobre, del precedente primo ministro, generale Khin Nyunt.
Il colonnello Yod Suek, dello Shan state army, ha detto: “L’accusa del governo contro i gruppi ribelli è ridicola”. “La causa delle bombe - spiega - è lo scontro tra i maggiori ufficiali dell’esercito collegato con l’espulsione di Khin Nyunt”. Anche la Coalizione nazionale di governo dell’Unione di Burma, che guida il governo in esilio dopo l’esito delle elezioni del 1990, vinte dalla democratica Aung San Suu Kyi - tuttora agli arresti domiciliari – ma rifiutato dalla giunta militare, ha respinto con forza ogni coinvolgimento nelle esplosioni. Rimane sconosciuta la sorte del generale Khin: circa 38 suoi sostenitori sono stati processati e condannati lo scorso mese ma di lui non si ha alcuna notizia.
Secondo alcuni osservatori, “esiste un’elevata possibilità” che il peggior attacco terrorista nel Paese degli ultimi 20 anni “riguardi una lotta di potere interna che coinvolge la fazione che ha perso il potere”. L’attentato ha lasciato la popolazione sotto shock: poliziotti armati pattugliano Yangon e molti residenti si recano alla pagoda Shwedagon a pregare per le vittime.