Musulmani e cristiani: il dramma di Asia Bibi occasione per riformare le leggi sulla blasfemia
Lahore (AsiaNews) - “È un fatto accertato che controversie in famiglia, dissapori personali, problemi sul lavoro, gelosie e vicende legate alla proprietà di beni hanno portato all’abuso di questa legge [sulla blasfemia]. Per questo “media e partiti politici devono farsi carico in modo serio di questa questione così sensibile, per dar vita a un profondo dibattito su cui costruire il consenso necessario per avviare una riforma”. È quanto sottolinea ad AsiaNews Iftikhar Ahmad, attivista musulmano e coordinatore di South Asia Partnership Pakistan, commentando la sospensione della pena di morte inflitta ad Asia Bibi e la revisione del caso ordinata ieri dalla Corte suprema di Lahore. Il leader musulmano ricorda che “anche la minima critica a queste leggi” ormai è un “evento raro” a causa delle “minacce” che ne derivano. E definisce un “segreto di Pulcinella il fatto che in Pakistan i gruppi religiosi siano più potenti e influenti della stessa macchina statale” e nessuna legge può essere emendata “senza il loro consenso”.
Ieri i giudici hanno accolto il ricorso presentato dai legali della donna, 50enne cristiana e madre di cinque figli, condannata a morte per blasfemia e da anni in regime di isolamento in carcere, ordinando la sospensione dell’esecuzione e la revisione del processo. Il pannello di tre giudici ha ammesso le richieste avanzate dalla difesa, aprendo così la strada a una nuova udienza e al riesame dei testi che hanno portato al verdetto di condanna in primo e secondo grado.
Arrestata il 19 giugno 2009 e condannata a morte in primo grado nel novembre 2010, Asia Bibi è da allora sottoposta al regime di isolamento per motivi di sicurezza. Dal novembre 2010 è nel braccio della morte e per averla difesa, nel 2011 gli estremisti islamici hanno massacrato il governatore del Punjab Salman Taseer e il ministro federale per le Minoranze religiose Shahbaz Bhatti, un cattolico. La comunità cristiana pakistana ha promosso a più riprese giornate di digiuno e preghiera - cui hanno aderito anche musulmani - per il rilascio. Nella sentenza di condanna, il giudice ha ritenuto valide le accuse delle due donne musulmane che hanno testimoniato sulla presunta blasfemia.
Interpellato sulla vicenda, il leader musulmano Iftikhar Ahmad auspica che il dramma di Asia Bibi possa dare la spinta necessaria per avviare una seria riflessione attorno alle leggi sulla blasfemia. La polizia, aggiunge, sembra “senza speranza” quando deve affrontare controversie originate dalla norma incriminata. “Nessuno vuole affrontare la questione - conferma - sebbene queste leggi [come nel caso della donna cristiana] siano usate per colpire vittime innocenti”.
Per p. Khalid Rashid Asi, sacerdote e studioso, è un “segnale positivo” la decisione dei giudici di accettare la petizione avanzata dai legali della donna. Gli accusatori, sottolinea, hanno dato a una “disputa sociale un manto religioso, per dirimere controversie e rancori personali nei suoi confronti”. La famiglia vive sotto minaccia costante, aggiunge, mentre “la gente di tutto il mondo segue la vicenda e spera nel rilascio di Asia Bibi”.
Samson Salamat, attivista pro diritti umani e direttore del Centre for Human Rights Education, sottolinea che la decisione della Corte suprema è una conferma ulteriore “dell’abuso che viene fatto delle leggi sulla blasfemia”. Egli si rivolge ai giudici e chiede loro di valutare “i danni psicologici” inferti ad Asia Bibi dalla vicenda e dagli anni trascorsi in carcere, garantendole una “risarcimento adeguato”. “I giornali dovrebbero fornire il loro contributo - avverte - sottolineando i casi di abusi delle leggi sulla blasfemia, e la vicenda di Asia Bibi ne è un chiaro esempio […] lei che ha sofferto per molti anni per un fatto che non ha nemmeno commesso e un governatore dello Stato che ha perso la vita per questa vicenda”.
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