29/11/2008, 00.00
INDIA
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Mumbai: Nitesh, 15 anni, una vita spezzata dalla follia dei terroristi

di Nirmala Carvalho
Tra le 195 vittime accertate della strage in India vi è anche un ragazzo, ucciso dal fuoco incrociato fra polizia e terroristi. Le forze dell’ordine hanno ucciso gli ultimi tre estremisti asserragliati all’interno del Taj Mahal hotel, ponendo fine a una battaglia durata oltre 62 ore. I feriti sono circa 300, ma il bilancio potrebbe aumentare nelle prossime ore.

Mumbai (AsiaNews) – Tra le 195 vittime sinora accertate dell’attacco terroristico a Mumbai vi è anche il giovane Nitesh, di appena 15 anni, ucciso dal fuoco incrociato fra attentatori e forze dell’ordine sotto gli occhi del padre.

La sera del 26 novembre, durante le prime fasi dell’attacco, Nitesh, insieme al padre Vijay Sharma, era giunto a bordo di un taxi alla stazione ferroviaria Chhatrapati Shivaji Terminus, per prendere un treno e far rientro a casa a Mankhurd, sobborgo distante una ventina di chilometri dal luogo in cui è avvenuta la tragedia. Sceso dalla vettura è stato raggiunto da un colpo alla schiena. Il padre racconta di averlo “stretto tra le braccia” e di averlo seguito durante la corsa in ospedale. Ma non c’è stato nulla da fare per il ragazzo, che è morto una decina di minuti dopo il ricovero.

“È una tragedia umana dalle proporzioni gigantesche", racconta ad AsiaNews p. Jerome Lobo, direttore della Padua School, l’istituto frequentato da Nitesh. "I terroristi hanno impalato i cuori dei nostri ragazzi, hanno ferito il futuro della nazione”. P. Jerome racconta il lavoro fatto con gli oltre 3000 studenti della scuola per promuovere la fiducia nell’umanità, la speranza di una convivenza civile. “Il nostro studente – racconta – è stato assassinato da forze la cui ideologia si basa sull’odio, Nonostante tutto invito i miei ragazzi a non disperare, perché essi sono il futuro del Paese”. Egli racconta lo shock e lo smarrimento che si respira fra i giovani e dice loro che “finché ci saranno persone che promuovono una logica basata sull’odio, questi fatti si potranno ripetere”. Per questo invita i giovani a “cambiare la mente delle persone” e a promuovere “la pace, il dialogo e la comprensione reciproca, per annientare le forze che inneggiano alla divisione”.

P. Jerome ha portato alla famiglia di Nitesh il cordoglio e la solidarietà dell’arcidiocesi di Mumbai: una tragedia nella tragedia, per la famiglia del ragazzo, che ha già subito un’altra perdita. “Nel 1987 un fratello maggiore di Nitesh, Vikram, è stato sequestrato e da allora si sono perse le tracce. Ora ai genitori non restano che due figlie”.

Questa mattina le forze dell’ordine indiane hanno ucciso gli ultimi tre terroristi ancora asserragliati nel Taj Mahal hotel, ponendo fine a una battaglia durata oltre 62 ore. Il bilancio aggiornato dell’attacco terroristico – anche se le cifre potrebbero crescere ancora – è di 195 morti (22 gli stranieri) e circa 300 feriti. La conferma arriva dal capo dell’unità per le emergenze indiana, ma vigili del fuoco parlano di decine di corpi ancora da recuperare all’interno dell’hotel.

Tra le vittime vi è anche il rabbino capo di Mumbai e la moglie: Gavriel e Rivkah Holtzberg sono stati uccisi assieme ad altre quattro persone durante un blitz della polizia alla Nariman House, il centro ebraico. Si è invece salvato il figlio della coppia, il piccolo Moshe di soli due anni, che è stato messo in salvo dalla cuoca del centro ed è stato affidato alle cure dei nonni.

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