Moody’s taglia il rating del Giappone: da Aa2 a Aa3
La decisione era attesa per l’elevato debito pubblico del Paese, i problemi di ricostruzione ed energetici post-tsunami, la forte incertezza politica con l’elezione del nuovo premier il 29 agosto. Esperti: il debito pubblico è ora considerato il banco di prova per tutti i Paesi.
Tokyo (AsiaNews/Agenzie) – L’agenzia Moody’s ha tagliato oggi il rating del Giappone da Aa2 ad Aa3, quale conseguenza della continua crescita del debito pubblico a causa della recessione mondiale del 2009 e per le difficoltà a risolvere i problemi politici interni, anche se ha aggiunto che considera “stabile” la situazione del Paese. Il debito estero nipponico è il più elevato tra le economie sviluppate.
Il Giappone è indebitato per 943.800 miliardi di yen pari, circa due volte il suo prodotto interno lordo, e la somma aumenta ogni anno attraverso l’emissione di buoni del tesoro per coprire rientri molto inferiori alle spese. Moody’s ha spiegato che “l’abbassamento del rating è motivata da importanti disavanzi di bilancio e l’accumulo del debito pubblico giapponese dalla recessione mondiale di 2009”. Il Paese è in recessione e la sua crescita è in diminuzione da 3 trimestri consecutivi, anche per i gravissimi danni causati dal terremoto e tsunami dell’11 marzo. Questo ha anche causato una contrazione degli investimenti delle imprese e dei consumi pubblici, diminuendo le entrate fiscali e ostacolando i progetti di bilancio. Tuttavia è la prima volta dopo la catastrofe che una grande agenzia di rating abbassa la valutazione sul Giappone.
La decisione arriva mentre Tokyo combatte contro spinte speculative che nei giorni scorsi hanno causato un forte apprezzamento dello yen. Oggi il governo ha annunciato aiuti alla imprese per contrastare il forte rafforzamento dello yen sulle altre valute, tra cui facilitazioni creditizie per 100 miliardi di dollari per favorire gli investimenti giapponesi all’estero.
Il governo progetta di azzerare il debito pubblico entro il 2020. Ma Moody’s ha spiegato che, anche se il governo ha la volontà di ridurre il deficit, l’instabilità politica può ostacolarlo e comunque “ha impedito al governo di adottare strategie economiche e fiscali di lungo periodo”: in 5 anni si sono succeduti 5 primi ministri e il 29 agosto ben 7 candidati si contenderanno il ruolo di presidente del Partito Democratico del Giappone e nuovo premier al posto di Naoto Kan, diventato impopolare perché accusato di avere mal gestito la risposta allo tsunami e, soprattutto, la crisi dell’impianto nucleare di Fukushima.
Tokyo ha anche carenze di energia, dopo l’incidente di Fukushima e la critica verso molti grandi impianti ritenuti non sicuri. Il governo da tempo ha invitato i cittadini a limitare l’uso di elettricità ma ancora non riesce a disporre adeguate forniture.
E’ diffusa la convinzione che non si saranno forti conseguenze sul mercato, perché i problemi indicati sono noti e la decisione era allo studio da maggio e prevista, anche se molti la attendevano dopo la scelta del nuovo premier. Per cui è considerata anche un giudizio sulla poca fiducia che i candidati alla guida del Paese possano imprimere importanti cambiamenti sui principali problemi: la crisi energetica dopo Fukushima, la ricostruzione post tsunami, il risanamento del debito pubblico, le speculazioni contro lo yen. Quasi tutti i 7 candidati hanno nel programma il taglio del 5% delle tasse sulle vendite, per aumentare il benessere sociale e i consumi.
E’ il primo declassamento di Moody’s verso il Giappone dal 2002, quando era stato portato al rating di A2. Da allora Tokyo aveva invece avuto 3 miglioramenti di rating. Peraltro la valutazione su Tokyo si allinea così a quella di Standard & Poor’s, che lo aveva già declassato a gennaio.
Esperti interpretano la decisione anche come ulteriore monito alle economie avanzate a tenere sotto controllo il debito estero, dopo che questo mese l’agenzia Standard & Poor’s ha declassato gli Stati Uniti dallo standard AAA, massimo livello possibile, e dopo che a giugno sempre Moody’s ha ammonito l’Italia che potrebbe declassarla per l’elevato debito pubblico.
Il Giappone è indebitato per 943.800 miliardi di yen pari, circa due volte il suo prodotto interno lordo, e la somma aumenta ogni anno attraverso l’emissione di buoni del tesoro per coprire rientri molto inferiori alle spese. Moody’s ha spiegato che “l’abbassamento del rating è motivata da importanti disavanzi di bilancio e l’accumulo del debito pubblico giapponese dalla recessione mondiale di 2009”. Il Paese è in recessione e la sua crescita è in diminuzione da 3 trimestri consecutivi, anche per i gravissimi danni causati dal terremoto e tsunami dell’11 marzo. Questo ha anche causato una contrazione degli investimenti delle imprese e dei consumi pubblici, diminuendo le entrate fiscali e ostacolando i progetti di bilancio. Tuttavia è la prima volta dopo la catastrofe che una grande agenzia di rating abbassa la valutazione sul Giappone.
La decisione arriva mentre Tokyo combatte contro spinte speculative che nei giorni scorsi hanno causato un forte apprezzamento dello yen. Oggi il governo ha annunciato aiuti alla imprese per contrastare il forte rafforzamento dello yen sulle altre valute, tra cui facilitazioni creditizie per 100 miliardi di dollari per favorire gli investimenti giapponesi all’estero.
Il governo progetta di azzerare il debito pubblico entro il 2020. Ma Moody’s ha spiegato che, anche se il governo ha la volontà di ridurre il deficit, l’instabilità politica può ostacolarlo e comunque “ha impedito al governo di adottare strategie economiche e fiscali di lungo periodo”: in 5 anni si sono succeduti 5 primi ministri e il 29 agosto ben 7 candidati si contenderanno il ruolo di presidente del Partito Democratico del Giappone e nuovo premier al posto di Naoto Kan, diventato impopolare perché accusato di avere mal gestito la risposta allo tsunami e, soprattutto, la crisi dell’impianto nucleare di Fukushima.
Tokyo ha anche carenze di energia, dopo l’incidente di Fukushima e la critica verso molti grandi impianti ritenuti non sicuri. Il governo da tempo ha invitato i cittadini a limitare l’uso di elettricità ma ancora non riesce a disporre adeguate forniture.
E’ diffusa la convinzione che non si saranno forti conseguenze sul mercato, perché i problemi indicati sono noti e la decisione era allo studio da maggio e prevista, anche se molti la attendevano dopo la scelta del nuovo premier. Per cui è considerata anche un giudizio sulla poca fiducia che i candidati alla guida del Paese possano imprimere importanti cambiamenti sui principali problemi: la crisi energetica dopo Fukushima, la ricostruzione post tsunami, il risanamento del debito pubblico, le speculazioni contro lo yen. Quasi tutti i 7 candidati hanno nel programma il taglio del 5% delle tasse sulle vendite, per aumentare il benessere sociale e i consumi.
E’ il primo declassamento di Moody’s verso il Giappone dal 2002, quando era stato portato al rating di A2. Da allora Tokyo aveva invece avuto 3 miglioramenti di rating. Peraltro la valutazione su Tokyo si allinea così a quella di Standard & Poor’s, che lo aveva già declassato a gennaio.
Esperti interpretano la decisione anche come ulteriore monito alle economie avanzate a tenere sotto controllo il debito estero, dopo che questo mese l’agenzia Standard & Poor’s ha declassato gli Stati Uniti dallo standard AAA, massimo livello possibile, e dopo che a giugno sempre Moody’s ha ammonito l’Italia che potrebbe declassarla per l’elevato debito pubblico.
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