Mons. Tirkey: la mia missione porta a porta, tra i cristiani di Jalpaiguri
Stretta tra il Bangladesh, il Nepal e il Bhutan, molto vicina alla Cina, mons. Tirkey definisce la diocesi di Jalpaiguri “una realtà particolare, per la sua posizione ‘strategica’”. Inoltre, “la trentennale amministrazione comunista, in un certo senso, ha preservato una certa libertà religiosa in tutto lo Stato”, afferma il vescovo. “Il partito comunista-marxista non ha mai permesso che il fondamentalismo di qualsiasi religione dilagasse – spiega – per mantenere intatta la laicità dello Stato. Questo ha portato rapporti molto cordiali tra indù, cristiani, musulmani e buddisti. Non c’è discriminazione su base religiosa, la gente non conduce vite separate e anzi, molti partecipano insieme a programmi sociali o della parrocchia”. E aggiunge: “Alle celebrazioni di Natale e Pasqua hanno partecipato così tante persone, anche di altre religioni, che non avevamo abbastanza spazio per ospitare tutti”. In West Bengal infatti, gli episodi di violenza e terrorismo sono legati ai gruppi maosti-nassaliti.
Dal 2006, anno del suo insediamento, il prelato sta cercando di cambiare molte situazioni: “Il precedente vescovo [mons. James Anthony Toppo, ndR] ha fatto un buon lavoro, ma non era molto apprezzato. Quando sono stato nominato vescovo di Jalpaiguri, la gente riponeva grandi speranze in me. Ho cercato di raggiungere le persone nei luoghi più lontani, per celebrare con loro la messa e garantire altri servizi pastorali: nessun altro vescovo prima di me l’aveva fatto”.
Il prelato racconta di avere ancora molte sfide davanti a sé. Su tutte, quella di “risvegliare” i sacerdoti e le suore della diocesi: “Molti ormai si limitano a gestire le scuole e gli ospedali di cui si occupano, o a offrire servizi liturgici. Invece la Chiesa deve avere un ruolo attivo nella vita di questa gente, andarla a trovare dove vivono, capire quali sono i loro veri bisogni”.
Per mons. Tirkey, uno degli obiettivi più importanti è ottenere sostegno economico, “per migliorare il settore educativo e fornire anche un’istruzione di livello superiore ai nostri ragazzi”. Nella diocesi, ci sono poche scuole private – gestite da religiosi – e moltissime vernacular schools (scuole dialettali), che si fermano alle elementari. “L’educazione è il principale apostolato: se una persona è istruita, può arrivare dappertutto”, conclude il vescovo. (GM)