Mons. Sabbah: la pace che il Natale annuncia è nel riavvicinamento tra i due popoli
Nel suo messaggio, il Patriarca latino di Gerusalemme lamenta il proseguire di violenze, ingiustizia e occupazione. Betlemme “vive nelle stesse condizioni di morte, con il muro e i contrasti sulla terra e nei cuori”. Il futuro è nella convivenza tra israeliani e palestinesi, non nella separazione.
Gerusalemme (AsiaNews) - La salvezza, che per tutto il mondo è nell’annuncio del Natale, per israeliani e palestinesi “è nel riavvicinamento tra i due popoli, non nella loro separazione”, perché “i due popoli sono capaci di vivere insieme in pace e tranquillità”. Anche quest’anno, però, la città dove Gesù nacque “vive nelle stesse condizioni di morte, con il muro e i contrasti sulla terra e nei cuori”. C’è l’augurio di “gioia, serenità e pace”, ma anche l’eco del dolore della Terra Santa, nel messaggio di Natale del patriarca latino di Gerusalemme, Michel Sabbah, che contiene anche una domanda di maggiore solidarietà. “Da un lato – scrive - continuano l’occupazione e la privazione della libertà e dall’altro la paura e l’insicurezza. Gaza resta una grande prigione, luogo di morte e di contrasti interni palestinesi. Anche i bambini vi vengono uccisi. E tutti, compresa la comunità internazionale, sono impotenti a trovare la vera strada della pace e della giustizia. La paura del futuro si estende in tutta la regione: l’Iraq, il Libano, la Siria, l’Egitto, la Giordania. Per tutti l’avvenire è in gioco. E il terrorismo mondiale trova grande nutrimento in tutte le piaghe aperte”.
“Questa – scrive ancora mons. Sabbah – è la visione del Natale da Betlemme. Ciò malgrado – aggiunge – il messaggio di Natale è un messaggio di vita, di pace e di giustizia”.
“A Betlemme e nella regione – prosegue il documento – la vita è divenuta molto difficile da sopportare, malgrado le numerose iniziative di solidarietà che vengono dall’estero e dall’interno. Sì, abbiamo bisogno di solidarietà e siamo riconoscenti per tutti i messaggi di fraternità che riceviamo dal mondo intero. Ma il nostro bisogno fondamentale è la pace, la giustizia, la libertà e la fine dell’occupazione. Di fronte a ciò, il mondo sembra impotente. Ciò malgrado, noi diciamo che ognuno ed ognuna, anche i militari e i responsabili politici, hanno un potenziale di amore, di salvezza e di vita. Ma per questo occorre la conversione, dalla morte alla vita, dalla visione dell’altro come nemico e uccisore a vederlo come fratello e donatore di vita”.
Rifacendosi poi all’episodio evangelico dei soldati che chiedevano al Battista cosa fare, mons. Sabbah sostiene che “anche i nostri capi politici debbono chiedere al Battista ‘e noi cosa dobbiamo fare per ottenere la salvezza per noi e per tutti coloro che hanno messo il loro destino nelle nostre mani?’. Essi avranno la stessa risposta: ‘non opprimete nessuno, non estorcete niente e contentatevi delle vostre paghe’. Che essi ascoltino la voce degli oppressi in questa terra santa, la voce di coloro che sono passati e di coloro che restano, minacciati di morte e umiliazione, coloro ai quali essi pensano di dover imporre la morte e l’umiliazione per assicurare la sicurezza all’altra parte”.
“Natale - si legge ancora nel messaggio di mons. Sabbah – porta gioia all’umanità. Annuncia a tutti la salvezza e soprattutto a coloro che vivono a Betlemme e nella regione, palestinesi e israeliani. ’Andiamo a Betlemme a vedere ciò che è successo e ciò che accade ancora (Lc 2, 15)’. Cosa ci dice oggi il Muro, cosa ci dicono gli abitanti di Betlemme, oggi? Andiamo a Betlemme per ascoltare, anche noi, gli angeli annunciare la pace sulla terra, pace per ogni buona volontà, pace per ogni sincera fraternità che si oppone ad ogni odio ed a tutte le ostilità, per ritrovare, nel riavvicinamento tra i due popoli, la sicurezza e la fine dell’occupazione con la libertà. Per tutti, fratelli e sorelle – conclude mons. Sabbah - chiedo a Dio che possiate ascoltare e vivere il messaggio di Natale, messaggio di pace, di gioia e di vita nuova”.
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