Mons. Coutts: Shahbaz Bhatti testimone di una nazione in cui le minoranze vogliono parità
Faisalabad (AsiaNews) - Il "martire" Shahbaz Bhatti "non è morto", ma "è e rimarrà vivo in Cristo" e il suo sacrificio testimonia il desiderio di una nazione, il Pakistan, in cui le minoranze religiose possano godere di pari diritti e dignità. Così mons. Joseph Coutts, neo-arcivescovo di Karachi dopo una lunga permanenza a Faisalabad, ha ricordato il ministro cattolico a un anno esatto dal suo brutale assassinio per mano di estremisti islamici. Alle celebrazioni in programma questa mattina a Faisalabad e a Khushpur (nel Punjab), villaggio natale di Shahbaz, "hanno partecipato almeno tremila persone" racconta ad AsiaNews il fratello Paul Bhatti - Consigliere speciale del Primo Ministro Gilani per l'armonia nazionale - che parla di "emozione incredibile" e una "forte carica" per continuare il lavoro di Sahahbaz.
Alla messa, racconta Paul, ha partecipato un numero "considerevole" di persone provenienti "da diverse parti, anche dai paesi vicini". Al termine della celebrazione, presieduta da mons. Coutts, attuale presidente della Conferenza episcopale pakistana e amico personale di Shahbaz, vi è stato "uno scambio di saluti e auguri con un piccolo gruppo che ha voluto dedicare versi e poesie in onore di mio fratello". Durante la mattinata, prosegue il Consigliere speciale, "ho vissuto momenti di intense emozioni: la gente si alzava in massa e gridava 'Shahbaz è vivo, non è morto' e questo è uno dei tanti lasciti per il lavoro che ha svolto".
Al termine della messa, la delegazione si è poi diretta sulla tomba del ministro cattolico per una preghiera comune. "C'erano musulmani, indù, sikh - racconta Paul Bhatti - almeno tremila persone hanno assistito alle celebrazioni". Egli spiega di aver pensato "in un primo momento" al senso di profonda "tristezza, delusione, shock e rabbia" vissuti esattamente un anno fa, quando ha saputo dell'omicidio. Poi, questo stato d'animo ha lasciato spazio - anche per il calore della folla - a un sentimento di "consolazione e di grande onore" scaturito "dall'amore fortissimo che la gente prova ancora oggi per Shahbaz".
Dopo molti mesi, Paul Bhatti spiega di aver capito che "Gesù vuole usare me per proseguire il cammino iniziato da mio fratello". Per questo egli promette di continuare il lavoro per i cristiani e le minoranze nei settori dell'istruzione, dell'economia, nella promozione della libertà religiosa e nella protezione dei più deboli, vittime di "leggi discriminatorie". "Vedo uno spiraglio - conclude - ho capito che la gente crede nella missione e anche io mi sento più utile".
Shahbaz Bhatti è stato ucciso la mattina del 2 marzo 2011 mentre andava al lavoro, il corpo crivellato da una trentina di proiettili. In questi mesi gli inquirenti hanno cercato più volte di insabbiare la vicenda, attribuendo il movente a dissapori familiari prima e a divergenze economiche poi. Ad oggi non si ha una idea chiara degli autori, anche se il gesto è stato fin da subito rivendicato da una fazione estremista pakistana. Gli inquirenti ammettono di brancolare nel buio. Tuttavia, la società civile intende mantenere vivo il suo ricordo, promuovendone il lavoro, gli ideali, il suo testamento politico e culturale per un Pakistan laico e multiculturale, come pensato dal padre fondatore della patria Ali Jinnah. (DS)