Monaco buddista: violenze nel sud Thailandia a causa della droga
di Weena Kowitwanij
Phrapromchariya, monaco del tempio Reale di Kapungsurin, punta il dito contro le sostanze stupefacenti, che definisce un “problema nazionale”. I responsabili degli attacchi agiscono “sotto l’effetto di droghe”. Egli invita i monaci a non farsi vincere dalla paura; il governo non deve pensare solo a progetti di sviluppo economico.
Bangkok (AsiaNews) – Gli attacchi e le stragi nelle province del sud, che hanno colpito anche monaci buddisti, maestri e donne in gravidanza sono “fonte di profondo dolore”. Esse sono legate “alla droga”, un “problema nazionale” in Thailandia: i tossicodipendenti, infatti, commettono azioni violente “sotto l’effetto di sostanze stupefacenti”. È quanto afferma Phrapromchariya, monaco buddista del tempio di Kapungsurin, testimone “dal 2004 di violenze che, oggi, sono in continua crescita”.
Il tempio Reale di Kapungsurin è situato nel distretto di Muang, provincia meridionale di Trang, circa 852 km a sud di Bangkok. Phrapromchariya è a capo di una congregazione che segue le attività dei monaci delle cinque province nel sud della Thailandia. Egli è stato testimone di scontri e attentati “che hanno coinvolto tre province in cinque anni”, ma oggi la situazione sembra essersi aggravata, perché le violenze colpiscono “anche i monaci, i maestri, le donne incinte, morti o feriti durante gli attacchi”.
Il premier Abhisit Vejjajiva ha formato un comitato speciale per promuovere programmi di cooperazione e sviluppo per cinque province del Sud: Songkhla, Satul, Yala, Pattanee e Narathiwas. Esse sono da tempo teatro di una guerra separatista di una frangia islamica locale, che lotta per l’annessione alla musulmana Malaysia. Suthep Thueksuban, vice-premier, è fiducioso e assicura che “la situazione migliorerà”. Thavorn Seanniem, vice-ministro con delega alla sicurezza riferisce di un calo “nei morti e nei feriti” nei primi sei mesi dell’anno, rispetto allo stesso periodo del 2008.
Nonostante l’impegno dell’esecutivo, i problemi nell’area permangono e le iniziative legate all’economia e allo sviluppo non sembrano bastare. Phrapromchariya spiega che la politica di “comprensione, accesso e sviluppo” avallata anche da re Bhumibol “non ha centrato il cuore del problema”. “Un tempo – aggiunge – buddisti e musulmani vivevano in pace e armonia, dipendendo ciascuno dall’altro all’insegna di una autentica solidarietà. Oggi le cose sono cambiate in peggio, nonostante i programmi di sviluppo”.
Il monaco buddista punta il dito contro il traffico di droga, che “il governo farebbe bene a bloccare” perché quanti commettono azioni malvagie spesso “lo fanno sotto l’effetto di sostanze stupefacenti”. “L’uccisione del monaco nel tempio della provincia di Pattani, il rogo dell’abitazione e della statua sono atti compiuti sotto l’effetto della droga” afferma Phrapromchariya, che oggi “è un problema nazionale”.
Phrapromchariya invita infine i monaci a non farsi vincere dalla paura, al punto da “non uscire più dai templi” per ricevere le offerte dei fedeli. “È parte della cultura e della tradizione locale – conclude – ereditata nel tempo e da proseguire, a prescindere dal fermento politico”.
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