27/03/2008, 00.00
TIBET - CINA
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Monaci in pianto gridano alle menzogne mentre Pechino istruisce i giornalisti stranieri

Alcuni monaci buddisti hanno fatto irruzione durante un incontro fra i media e i rappresentanti del governo cinese gridando che in Tibet non vi è libertà religiosa. Il viaggio dei giornalisti, il primo dopo gli scontri dei giorni scorsi, è organizzato da Pechino per mostrare che l’ordine regna a Lhasa.

Lhasa (AsiaNews) – Un gruppo di monaci buddisti hanno bloccato il tour di 26 giornalisti stranieri a Lhasa, guidato dal governo cinese, gridando che non c’è libertà in Tibet e che il Dalai Lama non è responsabile delle recenti violenze. Alcuni di loro dopo aver gridato “Il Tibet non è libero! Il Tibet non è libero!”, sono scoppiati a piangere.

L’incontro a sorpresa è avvenuto stamane mentre il gruppo dei giornalisti visitava il tempio di Jokhang. I monaci hanno interrotto le spiegazioni del capo dell’amministrazione del tempio. I rappresentanti del governo hanno cercato di portare via i giornalisti. Alcuni di loro hanno potuto però scambiare qualche frase con i dimostranti.

Il viaggio di 26 giornalisti era stata organizzato dal governo per mostrare che ormai l’ordine regna a Lhasa, dopo i violenti scontri del 14 marzo fra monaci e laici tibetani contro polizia ed esercito cinesi.

Il viaggio organizzato dei giornalisti stranieri era il primo dopo le rivolte, tutto costruito e organizzato per avallare la lettura ufficiale degli scontri: che il Dalai Lama è il responsabile delle violenze, che i morti sono solo cinesi, che la Cina lavora per lo sviluppo della regione.

In mattinata il gruppo dei giornalisti – ai quali è stato “consigliato” di non girare da soli per motivi di sicurezza – aveva visitato una clinica, che aveva subito un attacco, e un negozio bruciato, dove hanno perso la vita 5 ragazze cinesi. In precedenza i giornalisti hanno potuto vedere materiale filmico sulle violenze attribuite ai rivoltosi (v. foto).

Pechino sostiene che negli scontri sono morte in tutto 22 persone. Il governo tibetano in esilio afferma che i morti sono circa 140.

I monaci sono riusciti a parlare coi giornalisti usando la lingua mandarina. Alcuni di loro hanno detto che hanno voluto rischiare per la verità, anche se con questo gesto rischiano pesanti conseguenze. “Non gli credete – ha detto un monaco al giornalista di Usa Today – vi stanno ingannando, vi stanno raccontando menzogne!”.

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