Monaci buddisti protestano: non possono votare né esere eletti
Thimphu (AsiaNews/Agenzie) – Una parte dei monaci buddisti del Paese manifesta il proprio scontento contro la norma, prevista dal Codice elettorale, che li dichiara “ineleggibili” e privi “del diritto di voto” in vista delle elezioni legislative di fine anno.
Per la prima volta nella sua storia, infatti, i sudditi del piccolo reame himalaiano sono chiamati alle urne per eleggere i propri rappresentanti. Un processo di “democratizzazione” del Bhutan voluto da Re Wangchuk in persona, che alla fine del 2006 ha promosso una serie di riforme politiche mirate a trasformare il regno in monarchia costituzionale, fra le quali: abdicare a favore del figlio Jigme Khesar Namgye; redigere una Costituzione; eleggere un Parlamento composto da due camere, le cui decisioni regolamenteranno in futuro la vita politica e sociale del Paese.
Secondo alcuni dei 12mila monaci del Bhutan la norma “è contraria allo spirito riformatore annunciato dal re”, mentre altri sostengono che la decisione è “giusta nella misura in cui, secondo la tradizione buddista, i leader spirituali non si debbano occupare di questioni politiche”.
In Bhutan il buddismo è religione di Stato e l’articolo 3 della Costituzione approvata di recente sancisce che “i leader spirituali non sono eleggibili e non posso recitare una parte attiva nel processo elettorale. Il buddismo promuove la pace, la non-violenza, la solidarietà e la tolleranza”. Sempre secondo la carta costituzionale i religiosi “sono al di sopra degli uomini politici”, devono prendersi cura “dell’ambito spirituale” e per questo non si devono immischiare nelle questioni “politiche”.
Le elezioni per il Consiglio nazionale (Camera alta) si terranno alla fine del 2007, mentre nel 2008 verranno scelti i rappresentanti dell’Assemblea nazionale (o camera bassa).
05/06/2006
02/01/2008