15/10/2009, 00.00
ASIA
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Missione, la luce di Cristo per portare speranza al mondo

di Bernardo Cervellera
La ricerca di Dio e la fede cristiana rinascono nei Paesi dell’ateismo. L’annuncio ai non cristiani è una forza di progresso e sostegno alla giustizia e alla pace. Anche la persecuzione e il martirio non fermano l’evangelizzazione. Un commento al Messaggio del Papa per la Giornata missionaria mondiale.

Roma (AsiaNews) - “Le nazioni cammineranno alla sua luce”: questa frase dell’Apocalisse di san Giovanni è il leit-motiv della Giornata missionaria mondiale 2009, che quest’anno si celebra il 18 ottobre. Benedetto XVI ha stilato un Messaggio, che abbiamo già messo in evidenza (Papa: Missione ad gentes, compito di tutti i cristiani, anche nella persecuzione  ). In esso egli fa emergere i nodi dell’impegno e della missione della Chiesa che, egli dice, “i vasti e profondi mutamenti della società attuale rendono ancor più urgenti” (n. 3).

Vi è anzitutto l’affermazione che “illuminare tutti i popoli con la luce di Cristo”; “annunciare il Vangelo” è un impegno “primario”, svolto con “ansia” e “passione”, tanto da rendere la missione ad gentes, ai popoli non cristiani, “la priorità dei piani pastorali” della Chiesa stessa.

Ciò significa che le stanchezze, i timori per la mancanza di clero in patria, le fatiche dell’organizzazione, i (talvolta) pochi frutti non possono essere di ostacolo, ma vanno tutti orientati a comunicare  “la luce di Cristo, che risplende sul volto della Chiesa”, ben coscienti che “Dio ha un popolo numeroso in tutte le città percorse…dagli apostoli di oggi”. La rinascita religiosa in molte società una volta dominate dall’ateismo di Stato (Russia, Cina, Vietnam,…) e l’inquietudine di molti giovani nelle società materialiste dell’occidente danno prova alle parole del pontefice.

Un altro elemento che il papa sottolinea è che la missione, proprio nell’offrire la luce di Cristo al mondo, non produce solo una crescita numerica della Chiesa, ma ha delle ricadute positive su tutte le società. Citando l’Evangelii Nuntiandi, egli dice che l’annuncio “è un servizio non solo alla comunità cristiana, ma anche a tutta l’umanità” (EN, 1). La Chiesa aiuta a ricuperare le “realtà ultime” smarrite dagli uomini, a scoprire che vi sono bisogni spirituali, oltre a quelli materiali, ma proprio in questo modo “si comprende ed autentica il vero cammino storico dell’umanità” (n. 2). La Chiesa, dice ancora, “mira a trasformare il mondo con la proclamazione del Vangelo dell’amore”. Così l’annuncio della Chiesa diviene “forza di giustizia, di pace, di vera libertà e di rispetto della dignità di ogni uomo” (n. 2); fermento “di progresso, di fraternità, di unità e di pace” (n. 3). Non c’è che da guardare alle tante Chiese dell’Asia per accorgersi della verità di queste affermazioni: la predicazione del Vangelo ridà dignità a minoranze oppresse, crea sviluppo fra i paria, maggiore unità nella società, attenzione ai bisogni dei più poveri, riconciliazione sociale. Anche l’impegno per la giustizia in Cina, India, Pakistan, Vietnam, Corea fanno parte dello stesso impegno cristiano per il progresso dell’umanità.

“La missione della Chiesa – dice ancora il pontefice – è quella di ‘contagiare’ di speranza tutti i popoli”. In effetti, quanto più si è diffusa la globalizzazione, tanto più i problemi sembrano divenuti interconnessi e più difficili da risolvere. L’egoismo dei governanti (e delle nazioni) frena poi ogni soluzione concordata. L’annuncio del Vangelo, guardando all’uomo concreto, riesce a trovare sempre una via, dandoci “il coraggio di vivere e di agire e… in questo modo far entrare la luce di Dio nel mondo” (Deus caritas est, 39).

Un punto molto importante è quello in cui Benedetto XVI ricorda i missionari e le missionarie che testimoniano “in situazioni di persecuzione, con forme di oppressione che vanno dalla discriminazione sociale fino al carcere, alla tortura e alla morte”. Il papa commenta subito: la partecipazione alla missione di Cristo significa condividere “lo stesso destino del loro Maestro”. Il martirio, la persecuzione sono elementi della missione e non “ostacoli” o fatalità. Per questo egli ricorda che anche nella sofferenza, la Chiesa si fa “testimone e compagna di viaggio di questa umanità”.

Ricorderò sempre quanto mi ha detto una ragazza di Pechino, dopo aver letto su AsiaNews le notizie sulla persecuzione dei cristiani in altri Paesi: “Prima pensavo che nascere in Cina per me era una sfortuna. Ora che vedo cosa fanno i miei fratelli di fede nel mondo, ho capito che vivere a Pechino è una missione”.

Cari amici, con le testimonianze che riporta ogni giorno sul sito web e ogni mese su questo fascicolo, AsiaNews vuole servire la missione della Chiesa, raccontando la persecuzione, ma anche la speranza con cui i cristiani “contagiano” il mondo.

(Foto: CPP)

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