Missionario italiano minacciato di rapimento: "Sequestrano per soldi, non per odio religioso"
Davao (AsiaNews) I rapitori del volontario italiano Andrea Cianferoni sono probabilmente "gruppi che rapiscono occidentali per avere denaro e poter continuare la loro lotta per l'indipendenza di Mindanao". Lo dice ad AsiaNews padre Vincenzo Bruno, missionario del PIME a Lantian-Lagangan, nella penisola di Zamboanga, sudovest dell'isola di Mindanao, a sud delle Filippine.
Oggi pomeriggio il 29enne Andrea Cianferoni è stato prelevato da alcuni sconosciuti vicino a Kauswagan (isola di Mindanao, 800km a sud di Manila). I rapitori hanno chiesto un riscatto di 5mila dollari. Cianferoni si trova nelle Filippine da 2 anni e mezzo come agronomo volontario per l'Ong Movimondo.
Nei giorni scorsi p. Bruno è stato costretto a lasciare la sua parrocchia della Madonna di Fatima. L'esercito locale lo aveva avvertito di essere oggetto di serie minacce di sequestro. Padre Bruno, 65 anni, originario della provincia di Napoli, ora si trova a Davao e si prepara a trasferirsi a Manila per continuare la sua missione nelle Filippine, dove si trova da 32 anni.
Ecco l'intervista rilasciata da p. Vincenzo Bruno ad AsiaNews.
Come giudica questo rapimento del volontario italiano?Mi dispiace molto che sia successo un fatto del genere. A Mindanao i rapimenti di occidentali sono una cosa ordinaria. In genere si tratta di gruppi musulmani che prendono ostaggi per finanziare la lotta per l'indipendenza dell'isola. Non sono direttamente i gruppi "ufficiali" come il MILF (Moro Islamic Liberation Front), anche se in un certo modo sono legate a loro, perché si conoscono e si usano l'un l'altro.
C'è una componente religiosa in questi sequestri?Non credo: rapiscono missionari e volontari perché sono occidentali e bianchi, e pensano così di poter avere i soldi del riscatto.
Padre Bruno, lei è già stato minacciato di rapimento?
(Ride) Sì, di recente. Il 19 ottobre il capitano dell'esercito della zona è venuto alla missione e mi ha detto: "Padre, c'è un minaccia molto seria contro di lei, l'abbiamo intercettata: vogliono rapirla". Allora mi hanno dato la scorta di 2 soldati e 2 poliziotti, stavano con me quando uscivo dalla parrocchia. Ho continuato così per una settimana, ma il 2 novembre ho lasciato la mia parrocchia: per me era troppo pericoloso stare ancora in quella zona. E d'accordo con il vescovo e i superiori mi sono trasferito.
Come si sente dopo aver lasciato la sua parrocchia?
Mi è dispiaciuto molto, il cuore mi sanguina, è stato molto triste perché sono dovuto andar via di notte, senza poter dir niente ai miei parrocchiani, che conosco da 14 anni. Ho fatto così per non far saper a chi mi aveva minacciato che me ne stavo andando. Ora al mio posto c'è un prete filippino, non ci sono problemi, la gente ha il suo parroco. (LF)
09/11/2004