Mindanao, primi contatti con i rapitori di p. Bossi: sta bene
Il superiore regionale del Pontificio Istituto Missioni Estere conferma un primo contatto verbale con i rapitori del missionario, ancora anonimi. Ieri si è svolta ad Ipil una veglia di preghiera con testimonianze di cristiani e musulmani durata 11 ore. A Payao, dove lavorava p. Bossi, i fedeli di ogni credo pregano 24 ore su 24.
Zamboanga (AsiaNews) – Sono stati stabiliti i primi contatti con i rapitori di p. Giancarlo Bossi, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere rapito il 10 giugno scorso nei pressi della sua parrocchia di Payao. Secondo queste fonti, il sacerdote sta bene. Lo conferma ad AsiaNews il superiore regionale del Pime nelle Filippine, p. Gianni Sandalo, che aggiunge: “I contatti sono stati per ora verbali, da parte di un gruppo ancora anonimo: speriamo di avere presto altre notizie”.
Il p. Sandalo è appena rientrato da Ipil, dove ieri si è svolta una veglia di preghiera per la pronta liberazione di p. Bossi: la preghiera, iniziata alle 17.00, si è conclusa alle 4 del mattino: “Vi sono state diverse testimonianze da parte di cattolici, protestanti e musulmani. E’ stato molto bello ascoltare queste persone parlare di p. Bossi, soprattutto quelli che venivano dalla sua parrocchia”.
Proprio a Payao prosegue la “preghiera continua” delle diverse religioni per la liberazione del sacerdote. Tutti i luoghi di ogni culto della zona sono pieni 24 ore su 24 di fedeli che, a turno, pregano per p. Bossi. Domani alle 15.00 partirà un’iniziativa simile anche nella città di Zamboanga, capitale provinciale dell’arcipelago meridionale di Mindanao.
Nel frattempo non si fermano le ricerche del missionario rapito. Una zona dell’arcipelago è stata isolata da militari e guerriglieri del Fronte islamico di liberazione Moro (Milf), che sin dalle prime ore dell’emergenza ha offerto il suo aiuto per liberare p. Bossi.
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