Mindanao, la Pasqua richiama cristiani e musulmani all’impegno per la pace
Manila (AsiaNews) – Nella regione di Mindanao a maggioranza musulmana e da oltre 40 anni teatro della guerra tra esercito filippino e ribelli islamici “il messaggio presente nelle celebrazioni per la Settimana Santa e la Pasqua chiede a tutta la gente l’impegno per la pace, la giustizia e lo sviluppo di questa terra”. È quanto afferma ad AsiaNews mons. Tolentino de la Cruz, vescovo di Kidapawan (Mindanao). Il prelato è uno dei 24 vescovi del Forum dei vescovi e degli Ulema, organizzazione composta da cattolici, protestanti e musulmani, attiva dal 1996 nel promuovere la pace nella regione attraverso il dialogo interreligioso. Dal settembre 2009 Milf e governo hanno ripreso i dialoghi di pace e lo scorso 4 marzo a Kuala Lumpur hanno stilato una nuova bozza di accordo sostenuta anche dalla comunità internazionale.
Quale importanza hanno la Settimana e la Pasqua in un contesto come quello di Mindanao?
I cristiani come vivono la loro fede in una regione a maggioranza musulmana?
Il messaggio di Cristo è aperto a tutti. Ciascun cristiano deve vivere la sua fede in ogni aspetto della vita quotidiana e deve essere testimone per coloro che vivono insieme a lui. La luce di Cristo dovrebbe splendere per tutti. Il Vangelo di Gesù chiama tutti i cristiani hanno la possibilità di farsi promotori della buona novella.
Quali sono le sue preoccupazioni per la pace e lo sviluppo di Mindanao?
La gente è ormai stanca di vivere sotto il controllo militare. Ciascuno spera che tutto prima poi giunga alla fine e inizi ad esserci un dialogo anche fra le persone. La pace non può essere trovata alla fine del tunnel. Essa è un processo che deve iniziare per prima cosa nel cuore della gente per diffondersi nei villaggi, nelle città e da ultimo nella regione. Per questo motivo Chiesa e leader islamici continuano a portare avanti il dialogo interreligioso attraverso il Forum dei vescovi e degli Ulema. A tutti i nostri sacerdoti e religiosi consigliamo di avere come priorità il dialogo con i musulmani nelle loro attività pastorali. Nonostante queste aperture è però difficile promuovere la pace nella regione. Essa è possibile solo se governo e popolazione lo desiderano sul serio e noi cristiani continueremo a pregare e lavorare. Per fare ciò la politica dovrà avere a cuore la prosecuzione dei dialoghi, ma anche le gente comune dovrà fare la sua parte.
Quale futuro prevede per Mindanao e quale sarà il ruolo della Chiesa nella regione?
Mindanao è ricco di risorse naturali, ma c’è povertà per la corruzione diffusa nel settore pubblico e privato e per l’utilizzo sbagliato dei fondi concessi dallo Stato. Quello che chiediamo è una politica adeguata e trasparente che sia veramente al servizio delle persone. La regione deve avere l’occasione per risollevarsi e bisogna aiutare la gente a migliorare le condizioni di vita. La Chiesa fa del suo meglio e diffonde tra la popolazione i valori del Vangelo quali verità, pace e giustizia e lo fa attraverso i suoi missionari e le loro attività. Ma c’è ancora molto da fare. Abbiamo bisogno di essere guidati da Dio per portare la gente di Mindanao verso la via della pace e della prosperità.
Sono stati fatti degli sforzi per estendere i valori del cristianesimo anche ai ribelli del Milf e di Abu Sayyaf ?
La Chiesa intende accogliere tutti, compresi i ribelli islamici. Anche loro hanno bisogno di Dio. Attraverso il Buc, Noi stiamo facendo di tutto per raggiungerli. Dobbiamo tentare di ispirare in loro il bisogno di abbandonare la violenza e farli così ritornare alla via del dialogo con il governo. La Chiesa tenta da anni di portare Milf e Abu Sayyaf a un tavolo di negoziazione per risolvere insieme i problemi di Mindanao. Noi facciamo da ponte tra loro e il governo. Questa è la missione della Chiesa, e Milf e Abu Sayyaf ne sono consapevoli.