Mindanao, gogna mediatica per sacerdoti e suore contrari a miniere e sfruttamento dei tribali
Zamboanga (AsiaNews) - La Chiesa cattolica di Mindanao si oppone alla costruzione delle miniere per difendere le popolazioni tribali dallo sfruttamento, ma viene bollata come ecologista e "amica" dei ribelli maoisti del New People Army. E ciò in nome del "finto progresso" promosso da industrie minerarie senza scrupoli. Lo sottolineano fonti di AsiaNews, anonime per motivi di sicurezza, che criticano la campagna diffamatoria contro la Chiesa e i religiosi impegnati nella difesa delle popolazioni indigene lanciata di recente dai media filippini e internazionali. Tale gogna mediatica, cavalcata anche da esercito e paramilitari, sta mettendo in pericolo la vita di due religiose, suor Stella Matutina, benedettina, e suor Julita Encarnacion, delle suore dell'Assunzione di Maria, accusate dai militari di lavorare con i ribelli maoisti. "Questo - sottolineano - è un vecchio metodo utilizzato per screditare chi critica progetti miliardari che arricchiscono pochi e impoveriscono molti, spacciati come occasione di sviluppo per la popolazione locale, che invece subiscono ogni tipo di soprusi, compresa l'eliminazione fisica. Chi li difende viene bollato come amico dei maoisti.
Lo scontro fra Chiesa filippina, esercito e istituzioni ha fatto la sua comparsa anche sulle pagine dei giornali economici stranieri, che non hanno perso occasione per definire vescovi, sacerdoti e religiosi, come ecologisti retrogradi contrari allo sviluppo economico.
Lo scorso 15 maggio Bloomberg, autorevole sito economico statunitense, ha pubblicato una lunga analisi dove accusa Chiesa e gruppi ambientalisti della provincia di South Cotabato (Mindanao) di ostacolare insieme ai maoisti i lavori della compagnia Xstrata, quarto produttore di rame al mondo. L'articolo dà ampio spazio ai manager dell'azienda che raccontano le loro peripezie per fare approvare il progetto, mettendo sullo stesso piano Chiesa, gruppi ambientalisti e terroristi dell'Npa, quali principali ostacoli allo sviluppo delle popolazioni locali. Secondo la compagnia, la miniera è uno dei più importanti investimenti fatti in questi anni nelle Filippine e offrirebbe lavoro a oltre 2mila persone. Il guadagno stimato è di circa 60 miliardi di dollari in 20 anni. Ciò produrrebbe un aumento del Pil nazionale pari all'1%.
Le fonti sottolineando che "nonostante le ipotesi di enormi guadagni, il progetto è stato più volte bocciato dai governi locale e centrale, che lo hanno giudicato dannoso per l'ambiente e per la vita delle popolazioni indigene residenti nell'area. La miniera prevede la distruzione di centinaia di migliaia di ettari di foresta, rischia di inquinare le falde acquifere e costringe i tribali ad abbandonare le proprie terre. "Spesso - continuano le fonti - alle compagnie non interessa nulla della popolazione. Gli indigeni sono persone indifese, che agli occhi dell'industria non producono nulla e occupano terre che invece potrebbero arricchire il Paese e i suoi abitanti. Essi possono essere sacrificati in nome del progresso e dello sviluppo economico". Secondo la fonte, missionari, sacerdoti e attivisti, che si oppongono ai progetti minerari o agli interessi dell'esercito vengono bollati come "amici dei maoisti" per giustificare nei confronti dell'opinione pubblica un loro eventuale arresto e nei casi più gravi la loro uccisione. Ciò è accaduto per diversi sacerdoti e giornalisti. Fra essi p. Cecilio Luchero, sacerdote e attivista per i diritti umani ucciso da ignoti nel settembre 2009 nell'isola di Samar e Ricardo Ganad, presidente dell'Association of Baragay Captains di Vitoria (Mindoro), assassinato nel febbraio 2010 per aver ostacolato la costruzione di miniere nickel e oro.
Dal 2006 la Conferenza episcopale filippina si oppone al "Programma per la rivitalizzazione delle miniere" lanciato dall'allora governo Arroyo e portato avanti con alcune limitazioni dall'attuale governo del presidente Aquino. Il progetto consente allarga l'estrazione anche ad aree protette, fra cui 17 importanti zone di biodiversità, 35 aree prioritarie nazionali da conservare e 32 riserve naturali. Per i vescovi i benefici economici promessi dalle multinazionali minerarie non compensano lo spostamento di intere comunità soprattutto indigene, il rischio per la salute e le condizioni di vita e il grave inquinamento. Le zone minerarie rimangono tra le più povere del Paese", anche perché le compagnie minerarie "distruggono la cultura indigena" e l'ambiente. Nell'ottobre 2005 rifiuti di cianuro (usato nella ricerca dell'oro) di una miniera dell'isola di Rapu-Rapu, 380 km. a sud est di Manila hanno sterminato la fauna marina lasciando oltre 3 mila famiglie senza sostentamento. Nel 1996 milioni di tonnellate di rifiuti sono finiti da una miniera in un fiume della centrale isola Marinduque, causando un disastro ambientale. (S.C.)
15/04/2021 15:20