Mindanao, continuano le ricerche di p. Bossi
La prelatura cattolica di Ipil ha creato una task force che gestisce l’emergenza. Ancora ignoti identità e movente dei rapitori del missionario del Pime.
Zamboanga (AsiaNews) – Continuano le ricerche di p. Giancarlo Bossi, missionario del Pontificio Istituto Missioni Estere rapito nell’arcipelago meridionale di Mindanao lo scorso 10 giugno: l’amministratore della prelatura cattolica di Ipil, p. Nador Jasulga, ha creato una task force per gestire l’emergenza.
Nel frattempo, l’esercito filippino ha ammesso di non essere riuscito a localizzare la zona in cui il sacerdote viene tenuto prigioniero. Il colonnello Roberto Rabasio, che coordina la “caccia all’uomo”, spiega: “I rapitori non hanno risposto alle richieste di negoziato e non hanno chiesto ancora nulla. Li stiamo cercando in tutta l’area di Sibugay, nei pressi di Zamboanga”. I militari hanno però accettato di ridurre la pressione sui rapitori, per evitare ogni sviluppo affrettato della vicenda.
Tuttavia, le autorità non sono ancora riuscite a dare un nome agli autori del rapimento, mentre si rincorrono accuse ed illazioni. I primi ad essere accusati sono stati i ribelli separatisti del Moro Islamic Liberation Front (Milf), che hanno però subito negato ogni coinvolgimento e si sono messi a disposizione del governo per aiutare nella ricerca di p. Bossi.
Secondo i militari, il capo del gruppo di uomini armati che ha prelevato il missionario del Pime mentre si recava a celebrare messa sarebbe Abdusalam Akiddin, che per i leader del Milf è “un rinnegato che si è unito ad Abu Sayyaf”, organizzazione collegata ad al-Qaeda. Per alcuni locali, infine, gli autori potrebbero essere semplici banditi in cerca di denaro.
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