Migranti in Asia, sfida positiva per la Chiesa
Intervista al Card. Fumio Hamao, presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti: "I migranti cristiani, profeti di comunione e solidarietà"
Roma (AsiaNews) L'emigrazione è in Asia la nuova frontiera della missione. I migranti portano con loro non solo la voglia di lottare contro la povertà, ma anche il desiderio di condividere la cultura e la fede. Per questo, l'emigrazione rappresenta anche un nuovo flusso missionario e la parrocchia deve diventare come una "seconda casa" per i migranti: un luogo dove i migranti vengano accolti con spirito di accoglienza e apertura, quale che sia la loro religione. A parlare così è il cardinal Stephen Fumio Hamao, presidente del Pontificio Consiglio per i Migranti. in un'intervista ad AsiaNews il prelato giapponese traccia una panoramica sull'emigrazione in Asia, una realtà che riguarda da vicino milioni di cattolici.
All'emigrazione è stato dedicato di recente il VII Meeting Internazionale, sul tema "Migranti, cittadini della nuova Europa. Mobilità e diritti", tenutosi a Loreto su iniziativa dei missionari scalabriniani. Ecco il testo dell'intervista.
Il fenomeno migratorio è un fenomeno a livello mondiale, incrociato e a doppio senso (Nord-Sud, Sud-Nord, Est-Ovest, Ovest-Est): solo un risultato della globalizzazione?
Gli attuali flussi migratori non si svolgono solo sulle direttive sopraccitate, ma in modo ancor più marcato nella traiettoria Sud-Sud, cioè tra Paesi poveri. Tale fenomeno riveste oggi una dimensione strutturale e irreversibile e sta cambiando il volto del pianeta. In questa situazione la globalizzazione provoca un paradosso sconcertante: mentre accelera la libertà di trasferimento di beni e capitali, essa sembra ostacolare gli spostamenti delle persone, mettendo a repentaglio quel diritto fondamentale dell'uomo che è la libertà di movimento. La cultura del mercato applicata ai capitali funziona molto bene, ma quando si rivolge ai movimenti delle persone si inceppa subito e si parla di "espulsione", "razionamento degli ingressi", "permessi speciali". In più, impedimenti e ostacoli agli spostamenti delle persone si applicano solo a coloro che, provenendo da certe aree geografiche, sono portatori di specifici bisogni. Si tratta di una tipica sindrome per cui i "ricchi" si difendono dai "poveri" cercando di ridurre o ostacolare i loro spostamenti. Una nuova retorica si va così diffondendo a livello culturale: i migranti come responsabili delle crisi sociali e delle nuove paure collettive e soprattutto come minaccia seria alla salvaguardia delle identità nazionali.
Quale specificità delle migrazioni dall'Asia e verso l'Asia?
Dopo l'Europa, l'Asia è il continente con il maggior numero di migranti: più di 48 milioni di persone. L'emigrazione asiatica ha motivazioni sia politiche che economiche: nel 1997, ad esempio, i rifugiati afghani in Iran e Pakistan erano ben 3 milioni. Nel Sud-Est asiatico i flussi migratori si sviluppano lungo le direttrici che dall'Indonesia e Filippine si dirigono verso Malaysia, Singapore e Thailandia. In questi tre Paesi gli immigrati regolari sono 2 milioni, ma si deve aggiungere il numero molto consistente di irregolari. Paesi come Cambogia, Laos, Vietnam e Myanmar forniscono una grande quantità di emigrati a Malaysia e a Singapore le cui economie, molto dinamiche, costituiscono una costante attrattiva per molte persone.
In termini socio-economici l'emigrazione è spesso considerata un fenomeno negativo: questo vale anche per i Paesi asiatici?
Direi che non sempre avviene così. Eloquente è l'esempio delle Filippine: i filippini che emigrano contribuiscono in maniera molto significativa all'economia del loro Paese, inviando parte del loro salario alle proprie famiglie. In questo modo l'emigrazione diventa un fattore di sviluppo economico.
Quali sfide nascono dai movimenti migratori per la Chiesa in Asia?
La Chiesa è sempre al fianco dei migranti per difenderne e promuoverne la dignità: questo è vero soprattutto in Asia. Inoltre, sprona in continuazione la società all'apertura nei confronti dei migranti alla luce del messaggio cristiano. In Asia ci si trova davanti anzitutto la sfida sociale determinata dai flussi migratori: la Chiesa è impegnata nella soluzione di molti problemi come la carenza di alloggi, la mancanza di risorse alimentari e di strutture assistenziali, il fenomeno della clandestinità, la difficoltà ad ottenere il permesso di soggiorno, il traffico e lo sfruttamento sessuale di donne e bambini.
Quale la situazione a livello pastorale verso i migranti asiatici?
Esiste una certa difficoltà nell'assicurare l'assistenza religiosa ai diversi gruppi etnici di migranti e i servizi liturgici nella lingua degli immigrati. Ma la pastorale per i migranti è stata rilanciata dal Santo Padre nei Messaggi per la Giornata mondiale dei migranti del 1999 e del 2002. Il Papa in quelle occasioni ha indicato la parrocchia come il centro dell'azione ecclesiale per i migranti, sottolineando l'etimologia del termine parrocchia, casa "vicino alle case". Il Santo Padre ha invitato le parrocchie di tutto il mondo e quindi anche quelle asiatiche a diventare per tutti una "seconda casa", un luogo dove tutti si sentano a casa. E questo non solo per i cattolici, ma per tutti i migranti, quale che sia la loro religione. Una proposta davvero profetica e che apre nuove strade alla missione. La parrocchia come "casa per tutti": ecco la missione della comunità cristiana verso i migranti.
Quali le linee guida della Chiesa nei confronti dell'emigrazione nel continente asiatico?
La Federazione delle Conferenze episcopali asiatiche (FABC) ha elaborato nel 1995 un importante documento in cui propone ai cristiani un impegno su 4 fronti: il dialogo della vita, con il quale i cristiani, vivendo con uno spirito di vicinanza e solidarietà, condividano le gioie, sofferenze e le preoccupazioni dei migranti; l'impegno concreto per la liberazione e lo sviluppo integrale delle persone migranti; lo scambio teologico con cui gli specialisti approfondiscano il rispettivo patrimonio religioso e apprezzino in modo reciproco i valori religiosi; il confronto dell'esperienza religiosa, grazie al quale le persone di ogni religione condividano le loro esperienze e tradizioni spirituali. Ci sono esperienze interessanti di chiese asiatiche che si sono attrezzate per attuare una cura pastorale specifica per le persone migranti.
Può farci qualche esempio?
La chiesa filippina è molto conscia di questa nuova missione degli emigrati: fin ora pensava sempre a se stessa come chiesa missionaria con l'invio di sacerdoti e religiosi. Ora invece ha compreso come i cristiani emigrati per lavoro in altri Paesi devono diventare loro stessi evangelizzatori. Ad esempio, il cardinale Paul Shan, arcivescovo di Kaohsiung, a Taiwan, mi raccontava come le immigrate filippine avvicinano le loro amiche buddiste parlando loro del cristianesimo e di Gesù Cristo: molte donne taiwanesi si convertono proprio a causa della testimonianza di queste immigrate.
Quale il compito dei migranti cristiani in Asia?
In un mondo diviso e frammentato, i migranti sono chiamati a diventare simbolo di unità e di comunione in una Chiesa votata, a sua volta, a diventare una comunità che ascolta ed entra in dialogo con culture e religioni differenti. Sono personalmente convinto che i migranti cristiani si trasformeranno in veri e propri profeti e diventeranno strumenti di comunione e di solidarietà nei luoghi in cui vivono. Io sono giapponese e in Giappone ci sono circa mezzo milione di immigrati stranieri cattolici, soprattutto filippini, brasiliani e peruviani. Ebbene, molte donne cattoliche immigrate sposano uomini giapponesi, e questi si convertono al cattolicesimo sull'esempio di vita di queste donne.