Migrante indonesiano ucciso: tensione fra Jakarta e Kuala Lumpur
All’origine dello scontro la morte del 50enne Basri, originario di Riau, e il ferimento di altre quattro persone. La loro imbarcazione non si sarebbe fermata davanti agli avvertimenti della Mmea malaysiani, che hanno aperto il fuoco. Per gli analisti la politica nazionalista impressa da Subianto non può far passare sotto silenzio l’incidente, pur salvaguardando le relazioni.
Kuala Lumpur (AsiaNews) - Un incidente nei mari in cui è stato ucciso un lavoratore migrante è all’origine della tensione fra Indonesia e Malaysia, in una fase cruciale per le due nazioni del Sud-est asiatico con Kuala Lumpur che, a inizio 2025, ha assunto la presidenza annuale del blocco Asean. In risposta, il governo di Jakarta ha assicurato che non resteranno più impuniti maltrattamenti, abusi o morti violente di propri concittadini all’estero, mentre i vertici dei due Paesi promettono indagini accurate per fare piena luce sulla vicenda. Sullo sfondo restano le profonde criticità riguardanti territori e confini marittimi nella regione Asia-Pacifico, a partire dal mar Cinese meridionale teatro di una durissima contrapposizione fra Pechino e gli altri Paesi dell’area.
La Malaysia sta indagando l’incidente che ha coinvolto la sua guardia costiera e che ha causato la morte - a colpi di arma da fuoco - di un migrante indonesiano e il ferimento di altri quattro, sollevando un (raro) scontro diplomatico fra le due nazioni del Sud-est asiatico. Il 30 gennaio scorso l’ambasciata di Kuala Lumpur a Jakarta è stata bersagliata di uova da membri di gruppi pro-diritti umani e sindacati dei lavoratori per l’uccisione. In risposta, il governo indonesiano ha inviato una nota diplomatica di protesta alla controparte e il presidente Prabowo Subianto ha invocato una inchiesta approfondita per far luce sulla vicenda.
Il 24 gennaio un 50enne di nome Basri, originario della provincia di Riau, è stato ucciso da agenti della Malaysian Maritime Enforcement Agency (Mmea), che hanno sparato a una barca “colpevole” di aver sconfinato nelle acque di Tanjung Rhu, Stato di Selangor. Altri due membri del mezzo, che avevano riportato ferite da proiettili, sono stati dimessi dall’ospedale di Selangor e sono ora sotto la custodia della polizia malaysiana, mentre gli ultimi due feriti al 3 febbraio risultano ancora ricoverati. Il 29 gennaio, a cinque giorni dall’incidente avvenuto alle 3 del mattino, la salma di Basri è stata riportata a Riau per la sepoltura. Secondo le prime ricostruzioni gli ufficiali della marina di Kuala Lumpur hanno lanciato un avvertimento con un altoparlante, ma il mezzo si sarebbe allontanato ignorando i richiami. Da qui la risposta degli agenti della Mmea, che hanno sparato contro il mezzo in fuga con i cinque migranti a bordo, uccidendone uno.
Parlando con i media locali, l’analista Bridget Welsh ha dichiarato che “la Malaysia non può più aspettarsi che l’Indonesia rimanga in silenzio di fronte al maltrattamento di lavoratori migranti” anche alla luce delle rivendicazioni e delle promesse del presidente Prabowo Subianto. Ricercatrice associata presso l’università di Nottingham in Malaysia, Welsh ha affermato che Prabowo sta costruendo la sua reputazione sul “nazionalismo” e nella difesa del proprio Paese. La questione riguarda il problema della “impunità della polizia malaysiana e del sistematico cattivo trattamento degli immigrati, entrambe pratiche che devono cambiare”. “La questione - avverte - potrebbe prendere piede se non viene gestita bene. Secondo gli indonesiani, la polizia ha sparato a sangue freddo contro un uomo disarmato. Questo è motivo di preoccupazione”.
Il ministro degli interni di Kuala Lumpur Saifuddin Nasution Ismail ha difeso l’operato della Mmea, affermando che l’equipaggio aveva usato gli altoparlanti per identificarsi e aveva lanciato avvertimenti prima della sparatoria. Tuttavia, il The Jakarta Globe risponde citando il commento del politico Tubagus Hasanuddin, che esprime forti dubbi sulla spiegazione delle autorità malaysiane. “Sembra strano - afferma il politico - che i cittadini indonesiani si siano deliberatamente scontrati con la barca della Mmea, anche perché gli immigrati clandestini di solito fuggono quando vengono affrontati dalle autorità”.
James Chin, analista e politologo dell’università della Tasmania, sottolinea come l’incidente possa riaccendere le antiche rimostranze degli indonesiani per il trattamento riservato da Kuala Lumpur ai propri concittadini: “Le proteste a Jakarta, compreso il lancio di uova contro l’ambasciata riportato il 30 gennaio, riflettono frustrazioni profonde. Si tratta - prosegue l’esperto - di un argomento delicato perché in passato ci sono stati molti casi di maltrattamento, in particolare per quanto riguarda le lavoratrici domestiche indonesiane in Malaysia”. “Gli indonesiani sono scontenti di come i malesi li guardino generalmente con sufficienza, anche se la loro economia è in rapida crescita”. Tuttavia, a dispetto delle crescenti pressioni di Jakarta, Chin ha dichiarato di aspettarsi che i legami diplomatici rimangano intatti, poiché entrambe le nazioni comprendono l’importanza economica, culturale e geopolitica delle relazioni bilaterale.
04/06/2020 12:04