Migliaia di profughi rohingya a rischio fame in Bangladesh
L’allarme lanciato da una ong statunitense, secondo cui Dhaka blocca aiuti e cure ai rifugiati e li rinchiude in “prigioni a cielo aperto”. Essi appartengono a una minoranza musulmana del Myanmar e sono perseguitati dalla dittatura militare. Il governo bangladeshi respinge le accuse: “siamo noi le vittime”.
Dhaka (AsiaNews/Agenzie) – Migliaia di rifugiati birmani in Bangladesh rischiano di morire di fame. È l’allarme lanciato da Physicians for Human Rights, ente di assistenza sanitaria statunitense, secondo cui il governo impedisce ai profughi rohingya – minoranza musulmana del Myanmar in fuga dalle persecuzioni – di ricevere cure adeguate. Dhaka respinge con forza le accuse, come ha fatto il mese scorso all’indomani di un rapporto analogo pubblicato da Medici senza frontiere (Msf).
I rohingya sono una delle numerose minoranze etniche che costituiscono l’Unione del Myanmar. Essi vivono nello Stato Rakhine, nel nord-ovest del Paese, e sono fra le etnie più misere e perseguitate al mondo. Il regime militare non riconosce loro il diritto di cittadinanza, il possesso di terreni, libertà di spostamento o matrimonio senza un “permesso speciale” rilasciato dalle autorità.
Decine di migliaia cercano la fuga all’estero, soprattutto in Bangladesh e Malaysia, nazioni a maggioranza musulmana. Dhaka ha accordato a circa 28mila rohingya lo status di rifugiati, i quali vivono in un campo profughi delle Nazioni Unite a Kutupalong. Tuttavia, stime governative parlano di altri 200mila – o forse 300mila – membri della minoranza che vivono da clandestini in Bangladesh. L’esecutivo ha lanciato un giro di vite contro i profughi, per impedire nuovi esodi di massa in vista delle elezioni politiche in Myanmar, previste entro la fine del 2010.
L’allarme lanciato da Physicians for Human Rights riguarda in particolare i bambini, che rischiano di morire di fame se non verranno distribuiti gli aiuti. Gli attivisti denunciano anche “arresti arbitrari, espulsioni illegali e internamenti forzati” dei musulmani rohingya, molti dei quali vivono in “prigioni a cielo aperto”. Richard Sollom, direttore dell’ente Usa, parla di “politica governativa” che mira “semplicemente a farli sparire”.
Dhaka respinge le accuse al mittente e parla di denunce “completamente false”. Abdul Momen, rappresentante del Bangladesh alle Nazioni Unite, spiega che il governo è “preoccupato che non giungano aiuti da gruppi terroristi”. “Siamo noi le vittime – continua – siamo un Paese povero e nonostante ciò proviamo a fare del nostro meglio per aiutarli”.
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