Mezzaluna Rossa: solo a dicembre, tornati a casa 20mila profughi iracheni
Secondo l’organizzazione umanitaria i rimpatri sono oltre 45mila da metà settembre scorso, soprattutto dalla Siria. La crisi rimane comunque aperta: i rifugiati iracheni continuano a soffrire
per disoccupazione, affitti elevati e difficoltà nell’accesso a scuole e assistenza sanitaria. Ma per l’Unhcr è prematuro promuovere il rientro in Iraq.
Baghdad (AsiaNews/Agenzie) – Sono circa 20mila i profughi iracheni che a dicembre, secondo la Mezzaluna Rossa, hanno lasciato la Siria per tornare a casa. Stando ad un rapporto dell’organizzazione umanitaria, in totale da metà settembre a fine 2007 gli iracheni rimpatriati sono stati 45.913. Di questi, 38.736 sono tornati a Baghdad e i restanti nelle altre province del Paese. Allo stesso tempo diminuisce il numero dei rifugiati interni: a novembre erano quasi 2,18 milioni in confronto ai circa 2,3 milioni di fine settembre.
Il numero dei rimpatri fornito dalla Mezzaluna rossa (analogo islamico della Croce rossa) è inferiore a quello diffuso dal governo iracheno, che parla già di 60mila rientri, per lo più da Siria e Giordania. Le cifre arrivano mentre le forze statunitensi in Iraq riferiscono di un calo degli attacchi a livello nazionale del 62 per cento, dovuto soprattutto all’aumento delle truppe (“surge”), stabilito l’anno scorso, e alla formazione di numerosi gruppi a livello tribale in opposizione ad al-Qaeda.
La Mezzaluna Rossa sottolinea, comunque, che la situazione dei profughi iracheni rimane drammatica. “Soffrono ancora gravi problemi – si legge nel rapporto – legati all’elevato costo degli affitti, all’accesso a strutture sanitarie, alla disoccupazione e alla difficoltà per i giovani di portare avanti gli studi”.
Secondo l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), gli iracheni che hanno abbandonato la loro casa dopo l’invasione Usa del 2003 sono 4,2 milioni: solo la Siria ne ospita 1,4 milioni e 750mila in Giordania. L’Unhcr ammette la difficoltà di stimare in modo esatto le cifre dei rimpatri e per ora non incoraggia il ritorno in Iraq. In una dichiarazione ufficiale sul loro sito web, le Nazioni Unite spiegano che “molte aree sono ancora considerate insicure. In generale non vi è sicurezza materiale, fisica e legale e manca l’accesso a servizi basilari come acqua potabile, cibo, ospedali, istruzione; non vi sono inoltre possibilità di impiego lavorativo né di recuperare proprietà immobili e terreni”.
Vedi anche