27/08/2010, 00.00
VATICANO - ISLAM
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Messaggio per la fine del Ramadan: Vincere la violenza fra le religioni

Il tema del Messaggio - a firma del card. Tauran - è condiviso anche dal Comitato permanente per il dialogo di al-Ahzar. Si condannano discriminazioni e manipolazioni politiche della religione;si domanda ad autorità civili di rispettare il diritto e la giustizia; alle autorità religiose di educare i giovani al rispetto degli altri anche nei testi scolastici.
Città del Vaticano (AsiaNews) – Una forte domanda a che finiscano le violenze fra membri di religioni diverse; un appello alle autorità civili a sostenere il dialogo e garantire il diritto; una richiesta alle autorità religiose perché educhino nel rispetto e nella verità: è quanto contenuto nel Messaggio per la fine del Ramadan, diffuso oggi dal Pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, dal titolo “Cristiani e Musulmani: insieme per vincere la violenza tra fedeli di religioni diverse”.
 
Nel documento a firma del card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio consiglio, non si cita alcun Paese, ma si sottolinea che il problema della violenza “è purtroppo di grande attualità”.
 
In molti Paesi islamici (Arabia saudita, Iraq, Iran, Indonesia, Pakistan, Malaysia, ….) i cristiani subiscono violenze pressoché quotidiane; molti musulmani però attribuiscono all’occidente cristiano gli attacchi in Afghanistan e lo stesso problema dei palestinesi, accusando il mondo occidentale (ritenuto tout court “cristiano”) di “islamofobia”.
 
Il Messaggio ricorda che anche il Comitato Misto per il Dialogo, istituito dal Pontificio consiglio e dal Comitato permanente di al-Azhar per il Dialogo tra le religioni monoteiste, ha scelto lo stesso tema alla sua recente riunione annuale (Cairo, 23-24 febbraio 2010) e elenca alcune delle conclusioni pubblicate alla fine di tale incontro:
 
Tra le cause della violenza tra fedeli di religioni diverse  - si cita - si possono indicare la manipolazione della religione a fini politici o di altro tipo, la discriminazione sulla base dell’etnia o dell’identità religiosa; le divisioni e le tensioni sociali. L’ignoranza, la povertà, il sottosviluppo, l’ingiustizia sono parimenti fonti dirette o indirette di violenza non solo tra comunità religiose, ma anche al loro interno. Possano le autorità civili e religiose offrire il proprio contributo per porre rimedio a simili situazioni in vista del bene comune di tutta la società! Le autorità civili possano far valere la superiorità del diritto assicurando una vera giustizia per fermare gli autori ed i promotori della violenza!”.
 
Il Messaggio prosegue citando anche alcune raccomandazioni avvenute in quell’incontro: “aprire i nostri cuori al perdono reciproco e alla riconciliazione per una convivenza pacifica e fruttuosa; riconoscere, come base di una cultura del dialogo, ciò che abbiamo in comune e ciò che ci differenzia; riconoscere e rispettare la dignità e i diritti di ogni essere umano, senza nessuna distinzione basata sull’appartenenza etnica o religiosa; necessità di promulgare leggi giuste che garantiscano l’uguaglianza fondamentale fra tutti; importanza della formazione al rispetto, al dialogo e alla fratellanza nei vari spazi educativi: a casa, a scuola, nelle chiese e nelle moschee. In tal modo saremo in grado di contrastare la violenza tra fedeli di religioni diverse e promuovere la pace e l’armonia tra le varie comunità religiose”.
 
Particolare enfasi è data alla questione educativa: “L’insegnamento dei capi religiosi, ma anche i testi scolastici  - si ricorda nel Messaggio - che siano attenti a presentare le religioni in maniera oggettiva, rivestono, come l’insegnamento nel suo insieme, un’importanza decisiva nell’educazione e nella formazione dei giovani”.
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