Medico di Gaza: "I palestinesi hanno invitato tutto il mondo ad aprire gli occhi"
Toronto (AsiaNews) - "Attraverso la richiesta di Abu Mazen i palestinesi hanno invitato il mondo ad aprire gli occhi. L'azione aiuta tutti noi ad andare avanti verso un sentiero di pace". È quanto afferma ad AsiaNews Izzeldin Abuelaish ginecologo ostetrico palestinese, che come altre persone della sua terra ha scelto i valori dell'amore, pace e riconciliazione anteponendoli all'odio e allo scontro promosso da estremisti islamici e membri dei partiti della destra israeliana. Commentando alcuni giorni fa la richiesta di Mahmoud Abbas, presidente dell'Autorità Palestinese (Ap) per l'ingresso della Palestina all'Onu come Stato non membro, Izzledin sottolinea: "Purtroppo a tutt'oggi il termine 'Pace' è diventato una parola vuota, astratta, senza alcun significato concreto. Essa implica invece avere coraggio, rinunciare a qualcosa per ottenerla. La pace ha bisogno di un impegno costante che faccia toccare con mano dei risultati, ottenuti attraverso un'azione vera, un sacrificio. Se tutto ciò non avviene 'Pace' è una parola senza alcun significato".
La storia di Izzeldin Abuelaish, di religione musulmana, è drammatica e segnata dal dolore. Nato nel 1955 nel campo profughi di Jabalia (Gaza), durante l'occupazione israeliana, il professore è costretto fin da bambino a lavorare per aiutare la sua famiglia. Dopo alcuni anni viene assunto per un periodo in una cooperativa agricola israeliana al di là della Striscia di Gaza. Qui inizia un rapporto di amicizia con i suoi responsabili ebrei. Un giorno mentre è al lavoro scopre che la sua casa è stata distrutta dai militari israeliani, che avevano aperto un passaggio per i carri armati. Il dolore è grande, ma memore dell'amicizia sorta con gli israeliani non cede all'odio e grazie ai soldi guadagnati si iscrive alla facoltà di medicina dell'Università del Cairo e diventa ginecologo ostetrico. Ritornato in patria, dopo vari corsi di formazione negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, diventa il primo medico palestinese ad esercitare la professione sia a Gaza sia in territorio israeliano, affrontando ogni giorno l'umiliante trafila ai check-point militari sul confine. Il 16 gennaio 2008 la moglie muore per una grave malattia lasciandolo solo con sei figli. Bessan, la figlia più grande assume il ruolo di madre. Durante l'Operazione piombo fuso, il 16 gennaio 2009, un carro armato distrugge con una granata il suo appartamento nel campo di Jabalia, uccidendo tre delle sue figlie, fra cui Bessan, e una nipote. Un'altra figlia rimane gravemente ferita. Mentre il blindato spara, Izzeldin è al telefono con una televisione israeliana per un'intervista, che trasmette in diretta tutto il resoconto della tragedia, scandalizzando l'opinione pubblica. Ciò spinge l'allora premier israeliano Ehud Olmert a dichiarare un cessate fuoco su entrambi i fronti.
Dal 2009 Abuelaish vive in Canada dove insegna medicina generale all'Università di Toronto. Dopo la morte delle figlie ha creato la fondazione Daughters for life, che aiuta le donne palestinesi a studiare e ad emanciparsi. Il medico è autore del best seller "Io non odierò", libro autobiografico tradotto in 17 lingue, fra cui arabo ed ebraico.
"Sono andato via dalla Palestina, ma continuo a vivere in Palestina - afferma - non sono lontano da lì perché ho ancora i miei cari, la mia gente vive in quel luogo, e soffre". Alla domanda su come ha vissuto le settimane dell'operazione "pilastro di difesa" lanciata dall'esercito israeliano contro Gaza, egli spiega che "tale situazione va analizzata, per dare una risposta". "Che tipo di guerra è? - si chiede Izzledin - la guerra si fa fra due Stati che hanno un identico status di riconoscimento, ma purtroppo non è il nostro caso. Inoltre io mi chiedo sempre: qual è la strada con cui vogliamo costruire la pace? Ammettendo il diritto della popolazione palestinese a vivere a fianco di Israele ed avere la stessa libertà, oppure cancellando con le armi gli sforzi per un via pacifica?".
Come scritto più volte nel suo libro, il professore sottolinea che il mondo deve fare un atto di coraggio e ammettere la possibilità per i palestinesi di vivere in uno Stato libero e non all'interno di un luogo militarizzato dove a parlare sono le mitragliatrici dell'una e della altra parte. "È giunto il momento - continua - di mostrare il coraggio e ottenere il trattato di pace che riconosce il diritto della Palestina ad esistere davanti alla comunità internazionale".
Il medico nota che la questione palestinese è una sfida a tutto il mondo. "Nel mio libro dove racconto la storia della mia vita - afferma - ho voluto dare un messaggio a tutto il mondo. Come possiamo affrontare le sfide anche drammatiche della vita senza soccombere? La pace è proprio questo, non è una parola, ma un qualcosa che occorre trovare anzitutto in se stessi per poi comunicarla a tutti. Parlare di pace in questa particolare situazione significa camminare insieme, aiutarsi, parlare a una sola voce e a una comunità internazionale in grado di ascoltare".
Secondo Izzeldin, a Gaza e nel resto dei territori palestinesi sono in molti a desiderare un cambiamento radicale per una vera riconciliazione. "La mia gente che desidera iniziare questo cammino - dice - ha subito di tutto, ma ha resistito e crede nella pace e in una rapporto vero con Israele. Molti hanno sacrificato anche la loro vita per questa causa. Il loro desiderio è vivere in pace, in un Paese libere e riconosciuto. Finora le nostre richieste erano solo sulla carta, ma con quest'azione alle Nazioni Unite forse qualcosa si muoverà".
Per il ginecologo è molto importante trasmettere ai figli questi valori. "I giovani palestinesi - spiega - sono molto istruiti e sanno quanto sono mportanti la pace e la riconciliazione. Ma come si può pretendere che essi comprendano questi valori, se devono lottare per ottenere la propria libertà che è un diritto. La comunità internazionale ha il dovere di garantire tale diritto all'esistenza, che noi meritiamo, che i nostri giovani meritano. Molte persone hanno sacrificato tutto per insegnare i valori di pace e riconciliazione con il popolo israeliano". (S.C.)