Medici volontari in Afghanistan: morire per aver voluto aiutare gli altri
Kabul (AsiaNews) – “Dove sono le bibbie in lingua dari che i talebani hanno indicato quale prova che i medici di International Assistance Mission (Iam) facevano proselitismo? Nessuno le ha trovate, nessuno le ha mostrate”. A 2 giorni dal brutale omicidio di 8 medici e infermieri stranieri di Iam e 2 traduttori afghani, fonti di AsiaNews commentano questa ennesima violenza, con un timore: che si sia davanti a un’escalation del terrorismo talebano.
Subito dopo l’attentato Zabihullah Mujahid, portavoce dei talebani, ha rivendicato gli omicidi affermando che i medici erano in possesso di bibbie tradotte in Dari, la lingua locale, e che volevano convertire gli islamici. Li ha anche accusati di volere raccogliere informazioni sugli insediamenti dei guerriglieri fondamentalisti.
Ma molti esperti commentano che queste ragioni appaiono pretestuose. Dirk Frans, direttore di Iam, ha confermato che la ong, seppure cristiana, non ha mai fatto proselitismo. Ha ricordato che il gruppo era guidato dal dott. Tom Little, che viveva in Afghanistan dalla fine degli anni Settanta e parlava correttamente la lingua dari, non nascondeva la propria fede, ma non cercava di convertire gli afghani.
Fonti locali di AsiaNews confermano che tra le cose personali dei medici non c’erano queste bibbie e aggiungono che “nessuno, nemmeno i talebani, dice che queste bibbie erano state distribuite, o che i medici avevano cercato di convertire qualcuno. Nessuno le ha mostrate, né i talebani hanno mostrato scritti o documenti di informazioni segrete. Tutti sanno che la Iam ha matrice cristiana, ma sono presenti nel Paese dal 1966 e nessuno li ha mai accusati di fare proselitismo, o di essere spie”. “Tra l’altro – prosegue la fonte, che ha chiesto l’anonimato – se colpevoli, queste persone dovevano essere catturate e processate, i talebani avrebbero potuto mostrare le loro prove e ottenere grande pubblicità”.
Secondo molti analisti siamo di fronte a un’escalation della violenza fondamentalista, sempre più diretta a identificare come nemico qualsiasi cittadino occidentale, anche se in Afghanistan solo per ragioni umanitarie.
“Nel Paese – ci spiega un’altra fonte – fuori Kabul ci sono pochissimi medici, circa uno ogni 200mila abitanti. I volontari di Iam erano oculisti molto bravi, in questi decenni hanno curato milioni di persone. Anche per questo l’attentato provoca sgomento e disgusto, perché non solo ha colpito persone motivate solo dall’amore cristiano verso altre persone, ma perché si tratta di una violenza contro la stessa popolazione afghana, i fondamentalisti non si curano affatto degli interessi e dei bisogni di quella gente che dicono di voler difendere”.
John Dempsey, che lavora a Kabul per lo statunitense Institute of Peace, esprime un pensiero generale: che ora le ong umanitarie occidentali “devono riconsiderare cosa significa essere un’ong cristiana in un Paese dove spesso per questo sono additate e fatte bersaglio” di aggressioni.
Altri analisti si chiedono se, invece, questa maggior violenza non voglia mascherare un indebolimento dei talebani nel Paese: le regione di Badakhshan, al confine con il Tajikistan, teatro dell’attentato, è una delle poche regioni afghane che gli Stati Uniti hanno sottratto al controllo dei talebani ed è considerata abbastanza sicura.
La Iam è attiva nel Paese dal 1966, ha operato sotto il re, durante il regime filosovietico, nel periodo del governo talebano. Ora c’è sgomento e il sito web della ong parla solo della speranza “che questo non fermerà la nostra attività che aiuta oltre 250mila afghani ogni anno”.
24/02/2016 13:05