Massacri del Gujarat, condannate all'ergastolo 31 persone
di Nirmala Carvalho
La sentenza è relativa ai disordini di Sardarpura, nei quali morirono 33 musulmani, di cui 22 donne. Per questo caso, gli accusati erano 73. L’incidente è tra i numerosi episodi di violenza esplosi dopo il rogo al treno di Godhra del 2002, in cui persero la vita 50 indù.
Mumbai (AsiaNews) – Un tribunale speciale del Gujarat ha condannato all'ergastolo oggi in via definitiva 31 dei 73 accusati per le violenze di Sardarpura del 2002, nelle quali 33 membri della comunità musulmani morirono per un incendio doloso. Quello di Sardarpura è uno dei numerosi episodi di violenza esplosi nello Stato del Gujarat, in seguito alla morte di 59 indù nell’attacco a un treno nella città di Godhra. La condanna di oggi, frutto delle indagini dello Special Investigation Team (Sit) creato dalla Corte suprema indiana, è la prima per un caso di tumulti avvenuti dopo l’incidente di Godhra.
Gli accusati sono colpevoli di omicidio, tentato omicidio, incendio doloso, tumulti e complotto. Dei 42 assolti, 11 sono stati rilasciati per mancanza di prove e a 31 è stato concesso il beneficio del dubbio. Tuttavia, devono pagare una multa di 25mila rupie a testa (circa 365 euro) e hanno il divieto di uscire dal Paese.
Il 27 febbraio del 2002 un gruppo di musulmani aggredirono e diedero fuoco al Sabarmati Express, a bordo del quale vi erano indù – soprattutto donne, bambini e anziani – di ritorno da un pellegrinaggio a Ayodhya. L’aggressione scatenò violenti disordini di matrice interreligiosa in tutto il Gujarat. Tra questi, quello di Sardarpura: nella notte del 28, un gruppo di indù ha fatto irruzione nella zona della città dove viveva la comunità islamica. Temendo il peggio, alcuni di loro si erano rifugiati nella casa di uno di loro: ma il gruppo indù ha circondato l’abitazione e appiccato il fuoco, provocando la morte di 33 persone, tra cui 22 donne.
P. Cedric Prakash, gesuita direttore del Centro per i diritti umani, la giustizia e la pace di Ahmenabad “Prashant”, definisce la condanna “senza precedenti”, segno che “la ruota di giustizia e verità sta muovendosi, sebbene con lentezza, nella giusta direzione”.
“Ora – prosegue il gesuita – bisogna indagare sugli altri casi e i colpevoli, qualunque ruolo o incarico ricoprano nella società, dovrebbero essere indagati il prima possibile. Solo quando questo avverrà, le vittime di uno dei capitoli più sanguinosi della storia dell’India potranno sentire che le loro lotte non sono state vane”.
Nel massacro del Gujarat, la comunità islamica dello Stato ha pagato il prezzo più alto: degli oltre mille morti accertati, 790 erano musulmani e 254 indù. Non solo: 253 persone furono considerate disperse; 523 luoghi di culto, comprese tre chiese, furono danneggiate; 27.901 indù e 7.651 musulmani furono arrestati.
Gli accusati sono colpevoli di omicidio, tentato omicidio, incendio doloso, tumulti e complotto. Dei 42 assolti, 11 sono stati rilasciati per mancanza di prove e a 31 è stato concesso il beneficio del dubbio. Tuttavia, devono pagare una multa di 25mila rupie a testa (circa 365 euro) e hanno il divieto di uscire dal Paese.
Il 27 febbraio del 2002 un gruppo di musulmani aggredirono e diedero fuoco al Sabarmati Express, a bordo del quale vi erano indù – soprattutto donne, bambini e anziani – di ritorno da un pellegrinaggio a Ayodhya. L’aggressione scatenò violenti disordini di matrice interreligiosa in tutto il Gujarat. Tra questi, quello di Sardarpura: nella notte del 28, un gruppo di indù ha fatto irruzione nella zona della città dove viveva la comunità islamica. Temendo il peggio, alcuni di loro si erano rifugiati nella casa di uno di loro: ma il gruppo indù ha circondato l’abitazione e appiccato il fuoco, provocando la morte di 33 persone, tra cui 22 donne.
P. Cedric Prakash, gesuita direttore del Centro per i diritti umani, la giustizia e la pace di Ahmenabad “Prashant”, definisce la condanna “senza precedenti”, segno che “la ruota di giustizia e verità sta muovendosi, sebbene con lentezza, nella giusta direzione”.
“Ora – prosegue il gesuita – bisogna indagare sugli altri casi e i colpevoli, qualunque ruolo o incarico ricoprano nella società, dovrebbero essere indagati il prima possibile. Solo quando questo avverrà, le vittime di uno dei capitoli più sanguinosi della storia dell’India potranno sentire che le loro lotte non sono state vane”.
Nel massacro del Gujarat, la comunità islamica dello Stato ha pagato il prezzo più alto: degli oltre mille morti accertati, 790 erano musulmani e 254 indù. Non solo: 253 persone furono considerate disperse; 523 luoghi di culto, comprese tre chiese, furono danneggiate; 27.901 indù e 7.651 musulmani furono arrestati.
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