Mar cinese meridionale: fronte comune per arginare l’imperialismo di Pechino
Hanoi (AsiaNews) - Hanoi sostiene la proposta di Manila, che auspica un approccio "multilaterale" per risolvere i conflitti con Pechino nel Mar cinese meridionale, al centro di una disputa feroce per lo sfruttamento di risorse e materie prime. È quanto emerge dall'ultimo vertice dei Paesi Asean - associazione che riunisce 10 nazioni del Sud-est asiatico - che si è tenuto nei giorni scorsi in Cambogia. Il presidente filippino Benigno Aquino suggerisce di "assumere una posizione comune" nei confronti del governo cinese, che chiede invece "singoli" accordi con i vari attori in gioco. Intanto navi di Manila e Pechino sono protagoniste di uno scontro marittimo al largo dell'isola di Luzon, che rischia di acuire la tensione nell'area.
Hanoi punta il dito contro la marina cinese, che avrebbe fermato e malmenato alcuni pescatori vietnamiti che si trovavano all'interno delle acque territoriali. Ancora oggi Pechino detiene 21 marinai e chiede 11mila dollari di riscatto per il loro rilascio. Il governo vietnamita ha lanciato un appello per la loro liberazione, caduto finora nel vuoto. Il signor Loc, pescatore dell'isola di Lý Sơn, conferma che monta l'ira nei confronti della "crudele Cina" e ribadisce che "le isole Paracel sono del Vietnam". Gli fa eco la signora Lê thị Hậu, 31enne moglie di Nguyễn Lợi, pescatore di 34 anni, arrestato dalla marina cinese. "Sono molto preoccupata per i pescatori - dichiara la donna - perché spesso vengono picchiati dalle forze navali cinesi".
Il fronte di scontro per lo sfruttamento delle risorse marittime si allarga fino a comprendere anche l'India: in questi giorni Pechino avverte New Delhi che "l'India non deve compiere esplorazioni nel Mar cinese meridionale". La presa di posizione segue una serie di accordi fra governi indiano e vietnamita, che autorizza attività esplorative a compagnie petrolifere indiane - con il consenso di Hanoi - in acque territoriali vietnamite. Il ministero indiano degli Esteri risponde agli avvertimenti di Pechino, ricordando che l'area interessata è di esclusiva pertinenza del Vietnam.
Intanto continua la scontro "di alto profilo" fra la marina filippina e la controparte cinese, che vede coinvolta la nave da guerra più grande della flotta di Manila. Secondo il governo, l'8 aprile scorso l'incrociatore ha sorpreso otto pescherecci cinesi in acque territoriali filippine; le imbarcazioni si trovavano a circa 120 miglia marittime al largo della costa di Luzon. Tuttavia, l'intervento di "due navi pattuglia cinesi" ha impedito il fermo dei pescherecci. L'ambasciata cinese a Manila dichiara che l'area teatro dello scontro è di proprietà di Pechino e intima alla nave da guerra filippina di abbandonare la zona. Manila risponde che l'area rientra nelle 200 miglia marittime, parametro usato dalle leggi internazionali per stabilire il limite massimo delle acque territoriali di un Paese.
Fra le nazioni della regione Asia-Pacifico, la Cina è quella che avanza le maggiori rivendicazioni in materia di confini marittimi nel mar Cinese meridionale. L'egemonia nell'area riveste un carattere strategico per il commercio e lo sfruttamento di petrolio e gas naturale. A contendere le mire espansionistiche di Pechino vi sono Vietnam, Filippine, Malaysia, il sultanato del Brunei e Taiwan, cui si uniscono la difesa degli interessi strategici degli Stati Uniti nell'area. Nella zona negli ultimi mesi si sono registrati numerosi "incidenti" fra navi - militari o imbarcazioni di pescatori - battenti bandiere diverse.
26/06/2017 12:33