01/08/2012, 00.00
CINA – ASIA
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Mar Cinese meridionale: Pechino nega atti “ostili”, ma prosegue la politica di espansione

Per i vertici militari le decisioni servono solo a “tutelare gli interessi nazionali” e a perseguire “diritti legittimi”. E rilanciano la proposta di accordi bilaterali e soluzioni amichevoli. Tuttavia, nei fatti ostacolano i progetti economici dei Paesi vicini e lanciano critiche al governo giapponese per le rivendicazioni territoriali nel mar Cinese orientale.

Pechino (AsiaNews/Agenzie) - L'esercito cinese nega un atteggiamento "ostile" nell'affrontare le dispute territoriali nella regione Asia-Pacifico e spiega che le recenti mosse dei vertici politici e militari a Pechino - fra cui la creazione di una guarnigione militare a Sansha - sono volte a "tutelare gli interesse nazionali" nel mar Cinese meridionale. In una conferenza stampa dedicata alla strategie di difesa, in vista dell'85mo anniversario dalla fondazione del People's Liberation Army (Pla), i vertici spiegano che la Cina intende mantenere legami "amichevoli" con le altre nazioni e rilanciano la proposta di "colloqui bilaterali" nella risoluzione dei problemi. Una prospettiva invisa a Filippine e Vietnam, due fra le nazioni dell'area che contendono a Pechino porzioni di oceano, le quali propendono per un accordo complessivo e vincolante per tutti i Paesi. Intanto l'esercito cinese ha promosso ai vertici un alto ufficiale favorevole alle riforme democratiche; una mossa, secondo gli esperti, per mostrare al mondo una immagine "soft" e dialogica.

Geng Yansheng, colonnello e portavoce del ministero cinese per la Difesa nazionale, sottolinea che è sbagliato confondere "i diritti legittimi" di Pechino, con presunte politiche espansioniste o "attività ostili" verso altri Paesi. Il militare aggiunge che le recenti mosse nel mar Cinese meridionale, fra cui l'inaugurazione di presidio nelle Paracel (cfr. AsiaNews 23/07/2012 Pechino crea una guarnigione militare per controllare il mar Cinese meridionale), è una mossa che va nella direzione di "salvaguardare la sovranità della Cina, l'integrità territoriale, i diritti e gli interessi marittimi" ma "non sono mirate a colpire altre nazioni o partiti". E anche la corsa agli armamenti dell'esercito è solo una spinta alla "modernizzazione", nonostante il livello resti "di gran lunga inferiore" rispetto ad altre realtà fra cui gli Stati Uniti.

Al contempo, Pechino non risparmia critiche all'annuale rapporto sulla difesa del governo giapponese. La Cina definisce "sbagliate e irresponsabili" le rivendicazioni territoriali di Tokyo nel mar Cinese orientale e la definizione di "minaccia" associata alla crescita militare promossa da Pechino. Nel rapporto del governo nipponico emerge anche una "crescente complessità" nei rapporti fra leadership comunista e vertici dell'esercito cinese, che in futuro "influenzerà" sempre più la politica estera. Per i media di Stato cinesi l'analisi di Tokyo è "errata" e finirà per "mettere in crisi" i rapporti bilaterali.

Intanto si è rivelata un mezzo flop l'asta indetta nei giorni scorsi dal governo filippino per l'esplorazione di tre aree ricche di petrolio e gas naturale nel mar Cinese meridionale, che Manila chiama mare Filippino occidentale. Finora l'esecutivo del presidente Benigno Aquino ha accettato le offerte di quattro compagnie e, a dispetto delle attese, solo sei si sono presentate alla gara su 38 che avevano fatto richiesta in precedenza. Jose Layug, sottosegretario filippino all'Energia, nega che le tensioni "abbiano avuto un impatto negativo sui nostri sforzi". Tuttavia, valgono su tutti le parole di Gordon Kwan, capo del gigante per la ricerca energetica con base a Hong Kong Mirae Asset Securitis: "nessuno può permettersi di irritare i cinesi e restare ai margini del [loro] mercato". All'asta hanno partecipato solo le imprese che "non hanno alcuna speranza [di fare affari] in Cina".

Le isole Spratly e Paracel, comprese nell'arcipelago nel mar Cinese meridionale, potenzialmente ricco di giacimenti petroliferi sottomarini, sono conteso da Cina, Vietnam, Brunei, Taiwan, Filippine e Malaysia. Manila e Hanoi accusano Pechino di una politica aggressiva e "imperialista" (cfr. AsiaNews 04/07/2012 Pechino contro tutti. La Cina sempre più dura in politica estera), che nelle scorse settimane ha causato scontri fra pescherecci dei tre Paesi. La tensione fra Manila e Pechino si è innalzata lo scorso aprile quando navi pattuglia cinesi hanno bloccato - al largo delle Scarborough Shoal - imbarcazioni della marina filippina, mentre stavano per arrestare pescherecci cinesi che avevano sconfinato. Le mire egemoniche di Pechino preoccupano anche gli Stati Uniti che hanno accresciuto la loro presenza navale nel Pacifico.

Tuttavia la Cina sembra voler mostrare una immagine "soft" al mondo esterno e in questa prospettiva, secondo gli analisti, si può inquadrare la recente promozione di Liu Yazhou da tenente generale a ufficiale generale. La leadership di Pechino sembra quindi voler sfoggiare "apertura mentale" e disposizione al dialogo nei confronti della comunità internazionale. Liu. 60 anni, considerato un sostenitore del processo democratico sin dai primi anni '80, ha più volte avvertito in passato la necessità di sposare uno stile "democratico sullo stile degli Stati Uniti" per poter sopravvivere; in caso contrario, spiega l'alto ufficiale, la nazione è destinata a "collassare come l'Unione Sovietica".

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