Manila: prosciolta dopo 6 anni di carcere De Lima, paladina anti-Duterte
Cadute le accuse contro la 64enne ex senatrice anche nell’ultimo dei tre casi giudiziari pendenti. La politica ha pagato la sua lotta contro storture e abusi legati alla "guerra alla droga" dell’ex presidente. All’esterno del tribunale l’esultanza dei suoi sostenitori. Falsamente accusta di aver finanziato con i soldi della droga la sua corsa a senatrice nel 2016.
Manila (AsiaNews) - Questa mattina un tribunale delle Filippine ha assolto la 64enne Leila de Lima, forse la voce più critica e battagliera nel cercare di contrastare la sanguinosa “guerra alla droga” dell’ex presidente Rodrigo Duterte, nell’ultimo dei tre casi pendenti. I giudici hanno infatti emesso un’ordinanza di archiviazione definitiva per un caso di droga e narcotraffico promosso nei confronti dell’ex senatrice, come ha confermato alla stampa il suo legale Filibon Tacardon. Una delle molte battaglie giudiziarie affrontate e vinte dalla politica e attivista, che ha pagato con anni di carcere la sua lotta per i diritti, le libertà e le storture legate alla campagna promossa dall’ex capo dello Stato al prezzo di decine di migliaia di morti e omicidi extragiudiziali.
L’ultima delle varie accuse - per le quali ha rischiato anche l’ergastolo - riguardava l’aver preso soldi dai detenuti all'interno della più grande prigione del paese per consentire loro di vendere droga mentre era ministro della giustizia dal 2010 al 2015. Nell’ottobre 2022 De Lima è quasi morta per mano di un detenuto, che l’ha tenuta in ostaggio all’interno del centro di custodia - considerato di massima sicurezza - della polizia nazionale filippina. Commentando l’incidente all’epoca, la stessa De Lima ha detto che pensava di “non uscirne viva”.
L’ex senatrice è stata accolta da sostenitori esultanti fuori dal tribunale, a conclusione di una maratona giudiziaria iniziata nel 2017 con diverse accuse, a pochi mesi di distanza dall’inchiesta promossa in Senato sulla campagna anti-droga di Duterte. Critiche e gruppi per i diritti hanno affermato che la polizia ha giustiziato sommariamente i sospetti di droga, uniti a migliaia di decessi in circostanze misteriose, per accuse sempre negate dalle forze dell’ordine che affermano di aver agito per autodifesa. L’ex presidente, il cui mandato è scaduto nel 2022, sta affrontando un’indagine della Corte penale internazionale.
De Lima ha scontato una “carcerazione preventiva” lunga 6 anni e 8 mesi, senza prove concrete, ed è stata liberata solo nel novembre scorso per motivi di salute, assicurando nell’occasione di continuare a combattere per la giustizia. L’ex politica è infatti l’esempio perfetto di come Rodrigo Duterte abbia messo a tacere i suoi critici e l’opposizione. La senatrice aveva infatti criticato con forza l’ex presidente per la sua sanguinosa guerra alla droga che in pochi anni ha ucciso quasi 30mila persone, secondo le stime di diversi gruppi per i diritti umani. Per la lotta pro diritti e contro le violazioni dell’allora leadership a Manila si era ritrovata accusata di aver consentito il traffico illegale di droga nella prigione di New Bilibid durante il mandato come ministro della Giustizia.
Inoltre, De Lima avrebbe - sempre secondo l’accusa - finanziato con quei soldi la sua corsa a senatrice nel 2016. Negli anni ha sempre respinto con forza i capi di imputazione, parlando di di accuse motivate a livello politico, tanto che dopo la fine del mandato di Duterte molte persone che avevano testimoniato contro la senatrice hanno cambiato la propria versione dei fatti. La campagna anti-droga è stata poi ridimensionata durante il mandato dell’attuale capo dello Stato, Ferdinand Marco jr., figlio dell’ex dittatore Ferdinand Marcos.
All’epoca del fermo anche la Chiesa filippina - essa stessa assai critica della “guerra alla droga” di Duterte - era intervenuta con durezza, condannando l’arresto della senatrice. In una intervista ad AsiaNews del marzo 2017 l’allora vescovo ausiliare di Manila mons. Broderick S. Pabillo aveva parlato di “vendetta politica” dopo aver “attirato su di sé le ire di Duterte per via delle sue indagini. Vogliono fargliela pagare”. “Io sono convinto - aveva aggiunto il prelato - che la Chiesa debba farsi sentire, non tanto come voce di critica alle politiche di morte del presidente ma più per educare le persone al rifiuto dell’idea che uccidere sia la soluzione ai nostri problemi”.
24/02/2017 11:49
21/09/2017 09:03