Manila: nel 2023 uccisi almeno 17 difensori della terra
La denuncia è stata lanciata dall'ultimo rapporto di Global Witness. Anche se le situazioni più gravi si registrano in America Latina, il governo delle Filippine usa sempre più spesso le intimidazioni giudiziarie e le sparizioni forzate per mettere fine alle attività dei difensori della terra. La maggior parte delle vittime appartengono alle comunità indigene.
Milano (AsiaNews) - Sono almeno 196 gli attivisti per il clima che sono stati uccisi nel 2023. Difensori della terra, nella maggior parte dei casi appartenenti alle comunità indigene, assassinati per essersi opposti allo sfruttamento ambientale nel loro Paese. Una realtà documentata dall’organizzazione internazionale Global Witness che di recente ha pubblicato il rapporto relativo allo scorso anno. E che ha precisato che il numero effettivo di omicidi potrebbe essere più alto di quello registrato.
La maggior parte delle uccisioni si è verificata in America Latina, con la Colombia al primo posto. Mentre in Asia continuano a essere le Filippine a detenere questo triste primato, con 17 attivisti uccisi nel 2023. Segue l’India, con cinque persone uccise, e l’Indonesia, con tre.
Numeri che possono anche essere letti complessivamente a partire dal 2012, quando Global Witness ha iniziato l’attività di monitoraggio. Diventano così 298 i difensori della terra uccisi nelle Filippine negli ultimi 11 anni (in Colombia sono 461), 86 quelli in India, e 20 in Indonesia. Dal 2012 si contano in tutta l’Asia 468 omicidi di attivisti ambientali, contro i 116 dell’Africa, la maggior parte dei quali sono avvenuti nella Repubblica democratica del Congo. Sul dato globale invece, il 36% degli omicidi è stato compiuto contro persone indigene.
Global Witness sottolinea, tuttavia, che nelle Filippine sono diventati comuni gli attacchi non letali nei confronti dei difensori dei diritti umani. Secondo l’Asian Forum for Human Rights and Development, le pressioni giudiziarie sono lo strumento più utilizzato tra il 2021 e il 2022 in tutto il continente, con 1.033 casi registrati. Altra pratica comune nelle Filippine sono le sparizioni forzate, un fenomeno che si sta diffondendo anche in altri Paesi della regione. “Il rapimento di difensori della terra e dell'ambiente nel sud-est asiatico è diventato un problema cruciale, che riflette sforzi più ampi da parte dei detentori del potere di reprimere il dissenso e mantenere il controllo sulla terra e sulle risorse” ha affermato Global Witness.
Jhed Tamano e Jonila Castro, attiviste per l’ambiente di 22 e 23 anni, entrambe provenienti dall’area della Baia di Manila, dove hanno sostenuto le comunità locali di pescatori contro i progetti di bonifica per la costruzione di un nuovo aeroporto, hanno raccontato di essere state sequestrate il 2 settembre 2023. Un rapimento durato 17 giorni in cui si sospetta sia coinvolto anche l’esercito filippino.
Dopo il loro rilascio, il governo, guidato dal presidente Ferdinand Marcos Jr., aveva organizzato una conferenza stampa, che, però, secondo le attiviste, era una “montatura”. “Il governo, i nostri rapitori - hanno detto - l'avevano organizzata in modo che potessimo confessare pubblicamente di essere ribelli comuniste, anche se non lo eravamo. Ci avevano dato un paio di pagine con la storia ‘ufficiale’ e le risposte che si aspettavano avremmo dato. Invece abbiamo detto la verità”.
E la verità è che le due donne stavano cercando di sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo la situazione delle comunità di pescatori in qualità di volontarie (Jhed è coordinatrice per il Forum ecumenico episcopale e Jonila è responsabile di un’organizzazione chiamata People's Network for the Environment). “Per un paio di settimane, eravamo certe che una manciata di uomini ci stessero osservando e chiedendo di noi. Uno di loro era arrivato al punto di scattarci una foto senza il nostro consenso” hanno spiegato Jhed e Jonila. Che quando sono state rapite hanno capito subito “che quegli uomini erano militari. Sapevano troppo: conoscevano le nostre famiglie, i nostri indirizzi”.
Sono state rilasciate dopo giorni di accuse, minacce e torture psicologiche. Hanno accettato di partecipare alla conferenza stampa, consapevoli che raccontare la loro vicenda sarebbe stato pericoloso. Nel dicembre 2023 il Dipartimento di giustizia delle Filippine ha presentato contro le due donne le accuse di “aver messo in imbarazzo e in cattiva luce le Forze armate delle Filippine” durante la conferenza stampa. Un tribunale locale ha emesso un mandato d’arresto, mentre la Corte d’appello ha respinto la richiesta di protezione nei confronti delle due donne, annullando una precedente sentenza della Corte suprema. E i sistemi di difesa nei confronti degli ambientalisti filippini in generale.