21/04/2023, 13.37
FILIPPINE
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Manila: confermata la morte dei due leader dei ribelli comunisti

di Stefano Vecchia

Benito e Wilma Tiamzon erano il presidente e la segretaria generale del partito. Le forze armate filippine sostengono siano stati uccisi in uno scontro a fuoco, ma fonti del partito dicono che sono stati torturati a morte. Lo scontro tra ribelli marxisti e forze governative è costato tra il 1969 e il 2008 oltre 43mila morti.

Manila (AsiaNews) - Fonti del Partito comunista delle Filippine (Pcf) hanno oggi confermato l'uccisione di Benito e Wilma Tiamzon, rispettivamente presidente e segretaria generale del partito, dopo che le forze armate filippine avevano anticipato la notizia del decesso, a loro detta avvenuto durante uno scontro armato ad agosto 2022.

Il vertice delle forze armate ha espresso soddisfazione, parlando della notizia come di una vittoria o di un evento storico parte del lungo e sanguinoso confronto tra i militari e la ribellione di ispirazione marxista che ha segnato la storia moderna del Paese. Riconoscendo la scomparsa dei Tiamzon, il partito ha invece accusato l’esercito filippino di tortura e uccisione sommaria della coppia e di violazione del diritto internazionale. Per il portavoce del Comitato centrale del partito, i due sarebbero stati catturati con altri militanti durante un’azione militare sull’isola di Samar, picchiati duramente e, una volta uccisi, caricati su un’imbarcazione che sarebbe stata fatta esplodere.

“Le accuse di cattura e tortura sono parte della propaganda dei comunisti e un tentativo di ingannare i filippini. Ciò che è successo nell’operazione dell’agosto 2022 è stata un’azione legittima in base a informazioni che indicavano il tentativo di fuga dalle operazioni militari in corso dei leader del Partito comunista delle Filippine e del Nuovo esercito del popolo (Nep/Npa)”, ha ribadito il portavoce delle forze armate.

Il Pcf e le forze che si raccolgono attorno ad esso sono ora senza una leadership, escluso il Comitato centrale, dopo che il capo storico del partito, Jose Maria Sison è morto lo scorso dicembre mentre si trovava in esilio in Olanda. Questa situazione rende più difficile il dialogo tra governo e comunisti, peraltro interrotto ufficialmente durante la presidenza Duterte, precedente a quella attuale di Ferdinand Marcos Jr.

Nel 2018 il dipartimento della Giustizia aveva chiesto la messa al bando del Partito comunista e dell’Npa in base alla legge sulla sicurezza nazionale. Una richiesta allora respinta da un tribunale di Manila prima che la normativa venisse poi abrogata.

Dello scorso anno è anche l’ultima istanza, avanzata da gruppi della destra politica, di scioglimento del Partito comunista, del suo braccio armato e della coalizione che raccoglie le organizzazioni dichiaratamente rivoluzionarie, come il Fronte democratico nazionale delle Filippine, e che sarebbero responsabili di “cospirazione organizzata per rovesciare il governo filippino”.

Quella del Nuovo esercito del popolo, in corso da 54 anni, è probabilmente la più duratura ribellione armata di ispirazione comunista (non maoista) al mondo. Si calcola che il confronto tra ribelli e forze governative sia costato tra il 1969 e il 2008 oltre 43mila morti. Lo scontro non si è mai davvero interrotto, trasformandosi in un conflitto a bassa intensità che da un lato ha continuato a garantire al NeP/Npa il controllo su diverse aree dell’arcipelago, nonostante il gruppo sia andato incontro a un indebolimento e un ridimensionamento numerico. Dall’altro, insieme alle attività del Partito comunista, è stato pretesto per le forze di sicurezza per intraprendere iniziative repressive spesso indiscriminate o illegali nei confronti di gruppi o individui critici del governo.

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