09/09/2014, 00.00
FILIPPINE - UE - CINA
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Manila chiede aiuto all’Europa per fermare l’espansionismo di Pechino nei mari

Dal 13 al 20 settembre il presidente filippino Aquino incontrerà i principali capi di Stato e governo dell’Unione europea. Egli intende presentare una proposta - un piano di intervento “in tre parti” - per dirimere le controversie nel mar Cinese meridionale. E chiede il sostegno, anche “tacito”, di Francia e Germania.

Manila (AsiaNews/Agenzie) - Il presidente filippino Benino Aquino cercherà l'aiuto dei leader europei per risolvere le controversie territoriali con Pechino nelle acque contese del mar Cinese meridionale. È quanto riferisce una fonte ufficiale del ministero degli Esteri di Manila, sottolineando che nella settimana di visita ufficiale nell'Unione europea egli incontrerà (fra gli altri) i capi di Stato e di governo di Francia e Germania. Aquino intende inoltre presentare la propria proposta, volta a fermare la Cina da possibili nuovi mosse che possano peggiorare la tensione in una zona strategica per traffico marittimo e commerci. 

Zeneida Collinson, alto funzionario del ministero filippino degli Esteri, riferisce che in tutti gli incontri, a partire da quello con la Spagna, Aquino cercherà adesioni "alla posizione filippina" in riferimento alla controversia nel mare Filippino occidentale. Da sottolineare che il membro della delegazione filippina ha usato il nome locale, e non il più frequente mar Cinese meridionale, per indicare la porzione di territorio al centro della controversia. 

Il presidente filippino intende così perorare la propria causa in prima persona, davanti agli esecutivi e alle rappresentanze ufficiali di Madrid, del Belgio, della Francia, della Germania, durante il viaggio diplomatico in programma dal 13 al 20 settembre. Essa prevede un "piano di triplo intervento", in base al quale la Cina e gli altri attori protagonisti sono chiamati a evitare azioni di natura provocatoria. Il sostegno può anche essere "tacito" e non serve che venga incluso all'interno di documenti ufficiali, precisa la funzionaria.

Un passaggio chiave, perché appare difficile che le cancellerie di mezza Europa intendano inimicarsi in modo aperto la Cina su una questione che ha già aperto diversi fronti di discussione e contrasto. Tanto nella regione Asia-Pacifico quanto sullo scacchiere internazionale con gli Stati Uniti osservatori (attenti e presenti) della controversia. 

Il mese scorso Manila ha protestato in via ufficiale con Pechino, per la crescente presenza di navi da pattuglia cinesi nella Reed Bank, teatro dello scontro fra le due marine nel 2012. Inoltre, nei giorni scorsi le autorità filippine hanno arrestato tre uomini che pianificavano attentati - fra gli altri - all'ambasciata cinese di Manila. Una risposta violenta di nazionalisti locali alle mire espansioniste cinesi, come avvenuto in precedenza anche in Vietnam, in cui si sono registrati attacchi ad aziende e compagnie straniere con morti e feriti. 

Da tempo Vietnam e Filippine - che ha promosso una vertenza internazionale al tribunale Onu - manifestano crescente preoccupazione per "l'imperialismo" di Pechino nei mari meridionale e orientale. Il governo cinese rivendica una fetta consistente di oceano, che comprende la sovranità delle Spratly e delle isole Paracel, isole contese da Vietnam, Taiwan, Filippine, Brunei e Malaysia (quasi l'85% dei territori). A sostenere le rivendicazioni dei Paesi del Sud-est asiatico vi sono anche gli Stati Uniti, che a più riprese hanno giudicato "illegale" e "irrazionale" la cosiddetta "lingua di bue", usata da Pechino per marcare il territorio. L'egemonia riveste un carattere strategico per il commercio e lo sfruttamento di petrolio e gas naturale nel fondo marino, in un'area dell'Asia-Pacifico di elevato interesse per il passaggio dei due terzi dei commerci marittimi mondiali.

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