Manifestanti pro-Thaksin minacciano il blocco del vertice Asean
di Weena Kowitwanij
I leader anti-governativi hanno sfondato il cordone di sicurezza, raggiungendo l‘ingresso dell’hotel. Esperti di politica spigano che la campagna è orchestrata dall’ex primo ministro Thaksin; egli vuole tornare al potere per recuperare i fondi congelati in seguito all’accusa di corruzione.
Bangkok (AsiaNews) – Questa mattina centinaia di manifestanti anti-governativi hanno rotto il cordone di sicurezza a protezione di un hotel a Pattaya, località marina 150 km a sud di Bangkok, dove è in programma un vertice allargato dei Paesi dell’Asean. Più di un migliaio di “camicie rosse” – sostenitori dell’ex premier in esilio Thaksin Shinawatra, deposto nel 2006 e accusato di corruzione – si sono radunati nelle vie di accesso al complesso turistico, situato su una scogliera che si affaccia sul golfo della Thailandia. I manifestanti hanno ingaggiato una breve colluttazione con le forze dell’ordine; un gruppo è riuscito a forzare il cordone di sicurezza e a raggiungere l’ingresso della struttura.
Il summit fra i 10 stati membri – Indonesia, Malaysia, Filippine, Thailandia, Singapore, Laos, Vietnam, Myanmar, Brunei e Cambogia – dovrebbe iniziare oggi e concludersi domenica 12 aprile. Al centro dei colloqui il problema delle crisi economica mondiale, il commercio, la sicurezza energetica e alimentare e la gestione dei disastri naturali. L’incontro è stato allargato ad altri sei Paesi della regione Asia-Pacifico: Cina, Giappone, Corea del Sud, India, Australia e Nuova Zelanda. Tokyo ha chiesto una risoluzione comune contro la Corea del Nord per il lancio del missile balistico lo scorso 5 aprile.
I membri del Fronte unito per la democrazia contro la dittatura (Udd), legati all’ex primo ministro Thaksin, hanno intonato slogan contro l’attuale premier Abhisit Vejjajiva, invocandone le dimissioni. “Vogliamo riunirci – afferma Arismun Pongreungrong, leader della rivolta – in maniera pacifica davanti all’hotel. Non romperemo nulla, ma dobbiamo mostrare al mondo che questo governo non è democratico”. Nopporn Namchiangtai, portavoce dei manifestanti, aggiunge di “non avere nulla contro il summit ma se dobbiamo fermarlo, lo faremo”.
La polizia avverte che userà “tutti i mezzi necessari” per sedare la protesta. Bangkok chiarisce che il vertice non verrà annullato e minaccia di denunciare i manifestanti. La notte scorsa il premier Abhisit ha proclamato la giornata di oggi festa nazionale, nel tentativo di disperdere i rivoltosi. Mercoledì scorso decine di migliaia di persone si erano riunite nei pressi degli uffici governativi. Ieri un centinaio di taxi hanno bloccato le principali direttrici della capitale, paralizzando il traffico.
In un video-messaggio inviato ai suoi sostenitori, l’ex premier Thaksin ha avanzato tre richieste all’attuale governo: le dimissioni di Prem Tinsulanonda, ex consigliere del re e considerato tra gli organizzatori del golpe ai suoi danni; le dimissioni dell’attuale primo ministro Abhisit, il quale avrebbe conquistato l’incarico in maniera “illegale”; riforme costituzionali per istituire una “vera democrazia”.
Il primo ministro respinge le richieste e sottolinea che “ciò che i manifestanti chiedono non ha nulla a che vedere con la democrazia”. Egli chiarisce che essi possono “riunirsi nei limiti della legge”, senza “creare problemi agli altri”. “Non è il momento adatto per sciogliere il parlamento – spiega Abhisit – in un momento di crisi economica e alla vigilia del vertice Asean allargato. La decisione di sciogliere le camere potrà essere presa solo quando il governo è stabile – aggiunge – altrimenti sarà il caos fra la gente, che porterà ad altro spargimento di sangue”. Tavorn Seanniam, Vice-ministro degli interni, sottolinea che “il governo non ha fatto nulla di sbagliato” e chiede il ritorno in patria di Thaksin “per scontare la pena inflitta dalla Corte”.
Esperti di questioni interne del Paese spiegano che le rivolte di piazza sono l’ultima carta che l’ex premier Thaksin può giocare per riconquistare il potere e recuperare i fondi congelati. Sunan Srichantra, editorialista del Nation Weekly, afferma che Thaksin “non ha nulla da perdere. Egli vuole riprendere possesso dei 2.100 milioni di dollari Usa bloccati dal governo in seguito all’accusa di corruzione. Tornare al potere è il solo modo che ha per farlo”.
In Thailandia si mantiene stabile il dato relativo al livello di corruzione nel settore della pubblica amministrazione (Cpi). Secondo i risultati pubblicati da Transparency International, nel 2006 il Paese era al 63° posto su 163 nazioni, con indice di 3.6 su 10; nel 2007 la Thailandia è retrocessa all’84° posto su 179 Paesi, con un dato del 3.3. L’ultima stima, relativa al 2008, mostra un lieve miglioramento: 80° posto su 180 nazioni, con un indice di 3.5. La trasparenza nella pubblica amministrazione è di gran lunga superiore in altre nazioni asiatiche come la Malaysia – 47° posto, con un indice di 5.1 – o Singapore, quarto posto assoluto con un indice di 9.2 su 10, il migliore del continente.
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