Mandalay: monaci in protesta, democrazia e libertà per i prigionieri politici
Un gruppo di cinque buddisti provenienti da Yangon si è asserragliato all’interno del monastero di Maha Mya Muni. Essi chiedono la fine della guerra civile e la libertà per i birmani. In un video le immagini della protesta. Via libera dall’Asean per la presidenza del Myanmar nel 2014.
Yangon (AsiaNews) – Cinque monaci birmani hanno lanciato una protesta nel monastero di Maha Mya Muni, a Mandalay, attirando l’attenzione di oltre 500 persone, che si sono assiepate attorno al luogo di culto. Essi chiedono a gran voce la pace in Myanmar – tuttora persistono scontri fra milizie etniche ed esercito regolare – e la liberazione degli oltre 1600 detenuti politici ancora rinchiusi in carcere. Ieri il governo ha posticipato il rilascio, annunciato nei giorni scorsi, di un secondo gruppo di prigionieri per reati di opinione. Fonti interne riferiscono che lo slittamento è stato deciso “all’ultimo minuto”, a conclusione di un vertice fra alti ufficiali. Intanto ministri e funzionari dell’Asean – associazione che riunisce 10 paesi del Sud-est asiatico, fra cui il Myanmar – riuniti a Bali in Indonesia, hanno dato il via libera alla ex Birmania per la presidenza nel 2014. “Tutti approvano – riferisce il ministro malaysiano degli Esteri Anifah Aman – il Myanmar per il 2014”, perché “hanno intrapreso passi concreti nel cammino di democratizzazione del Paese” e il turno di guida dell’Asean è “un segno di incoraggiamento”.
Mentre il governo birmano viene legittimato a livello internazionale, montano i primi segnali di ribellione all’interno del Paese. Le ultime proteste di piazza del 2007, lanciate proprio dai monaci contro il caro-benzina nel mese di agosto, sono state represse nel sangue dall’esercito qualche settimana più tardi. Da allora il regime militare ha sempre usato il pugno di ferro per annientare qualsiasi voce contraria al governo.
Alle 5.30 di questa mattina a Mandalay, uno dei principali centri del Myanmar, cinque monaci – provenienti da Yangon – hanno iniziato a urlare nei microfoni slogan fra cui “liberate i prigionieri politici” e “fermate la guerra civile”, uniti al grido “dateci la libertà”. Le immagini del monastero teatro della protesta, catturate dai passati, sono state subito rilanciate in rete e pubblicate su YouTube (clicca qui per il video). I leader buddisti si sono rinchiusi in una stanza e minacciano di continuare a oltranza; il sito dissidente birmano Mizzima News riferisce che “non accettano” la richiesta delle autorità di interrompere la protesta che “continuerà” anche nelle prossime ore. Essi chiedono inoltre di poter incontrare la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi.
Resta ora da vedere quale scelta farà il governo, che dovrà decidere se trattare con i monaci ribelli per mantenere credibilità a livello internazionale e in seno all’Asean, oppure interrompere con la forza la protesta, sollevando le inevitabili reazioni dei governi occidentali. Il quintetto precisa di avere a disposizione acqua e cibo sufficienti per tre giorni.
Nel frattempo la Nobel per la pace Aung San Suu Kyi ha tenuto una conferenza stampa, per celebrare il primo anno da libera cittadina birmana. Dopo aver trascorso 15 degli ultimi 21 anni ai domiciliari, la “Signora” è stata rilasciata il 14 novembre 2010, all’indomani delle elezioni parlamentari. Nell’incontri di ieri a Yangon ha spiegato che la fine delle sanzioni economiche e commerciali imposte da Stati Uniti e Unione europea dipende dalle decisioni future del governo in materia di riforme politiche e diritti umani.
Mentre il governo birmano viene legittimato a livello internazionale, montano i primi segnali di ribellione all’interno del Paese. Le ultime proteste di piazza del 2007, lanciate proprio dai monaci contro il caro-benzina nel mese di agosto, sono state represse nel sangue dall’esercito qualche settimana più tardi. Da allora il regime militare ha sempre usato il pugno di ferro per annientare qualsiasi voce contraria al governo.
Alle 5.30 di questa mattina a Mandalay, uno dei principali centri del Myanmar, cinque monaci – provenienti da Yangon – hanno iniziato a urlare nei microfoni slogan fra cui “liberate i prigionieri politici” e “fermate la guerra civile”, uniti al grido “dateci la libertà”. Le immagini del monastero teatro della protesta, catturate dai passati, sono state subito rilanciate in rete e pubblicate su YouTube (clicca qui per il video). I leader buddisti si sono rinchiusi in una stanza e minacciano di continuare a oltranza; il sito dissidente birmano Mizzima News riferisce che “non accettano” la richiesta delle autorità di interrompere la protesta che “continuerà” anche nelle prossime ore. Essi chiedono inoltre di poter incontrare la leader dell’opposizione Aung San Suu Kyi.
Resta ora da vedere quale scelta farà il governo, che dovrà decidere se trattare con i monaci ribelli per mantenere credibilità a livello internazionale e in seno all’Asean, oppure interrompere con la forza la protesta, sollevando le inevitabili reazioni dei governi occidentali. Il quintetto precisa di avere a disposizione acqua e cibo sufficienti per tre giorni.
Nel frattempo la Nobel per la pace Aung San Suu Kyi ha tenuto una conferenza stampa, per celebrare il primo anno da libera cittadina birmana. Dopo aver trascorso 15 degli ultimi 21 anni ai domiciliari, la “Signora” è stata rilasciata il 14 novembre 2010, all’indomani delle elezioni parlamentari. Nell’incontri di ieri a Yangon ha spiegato che la fine delle sanzioni economiche e commerciali imposte da Stati Uniti e Unione europea dipende dalle decisioni future del governo in materia di riforme politiche e diritti umani.
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