Magistrati islamisti e accuse di blasfemia la nuova arma per colpite i cristiani e laici
Il Cairo (AsiaNews) - Giudici affiliati ai Fratelli Musulmani e imam salafiti mettono a rischio la sicurezza e la sopravvivenza dei cristiani copti in Egitto. Lo confermano fonti di AsiaNews, anonime per motivi di sicurezza. Sostenuti dal procuratore generale Talaat Abdhallah, il controverso giudice nominato dal presidente Mohammed Morsi e affiliato ai Fratelli Musulmani, sempre più magistrati accolgono denunce per presunti casi di blasfemia e insulto alla religione. "Altro problema - spiegano le fonti - è la presenza di imam radicali nelle moschee dei villaggi dell'alto Egitto, che aizzano la popolazione analfabeta, contro i cristiani. I casi di aggressioni, incendi e attentanti ai danni della minoranza copta sono all'ordine del giorno". Il più recente è avvenuto lo scorso 15 maggio in un villaggio del distretto di Minya (Alto Egitto) dove una folla di oltre 2mila musulmani ha assaltato negozi e abitazioni di cristiani copti e tentato di incendiare la locale chiesa di San Teodoro.
"I cristiani copti - continuano - convivono ormai da anni con queste problematiche, che spesso si risolvono con l'intervento delle autorità religiose, terminando in una riconciliazione. Ciò che preoccupa è l'aumento dei casi di denunce ai tribunali per blasfemia o proselitismo". Infatti, se un tempo i giudici erano restii e sostenere tali casi, per timore di scontri interreligiosi, ora grazie all'appoggio di funzionari islamisti, la denuncia per blasfemia è divenuta una delle strade più semplici per compiere soprusi contro la minoranza.
In queste settimane ha fatto scalpore il caso di Dimyana Ubeid Abdel al-Nour (nella foto), 23 anni, insegnante cristiana di una scuola elementare di Luxor, arrestata l'8 maggio perché avrebbe "insultato il profeta Maometto" durante una lezione. Per "accontentare" le richieste di scarcerazione di varie associazioni per i diritti umani, il procuratore Abdhallah ha concesso il rilascio, ma solo dopo il pagamento di una cauzione di 2900 dollari, somma esorbitante per la famiglia della giovane. Attualmente Dimyana è ancora in prigione e avrebbe iniziato uno sciopero della fame, in attesa del processo che si terrà il 21 maggio.
Il calvario giudiziario di Dimyana inizia l'8 aprile 2012. Durante una lezione alla Shaikh Sultan School la giovane fa un approfondimento sulla vita religiosa al tempo degli antichi egizi e sul politeismo, parlando su come il faraone Akhenaton avesse adottato il monoteismo. Nel discorso l'insegnante prosegue soffermandosi anche sulle tre religioni monoteiste: cristianesimo, ebraismo e islam. A controllare l'insegnante vi è un ispettore della scuola, che lascia l'aula 10 minuti prima della fine della lezione. Due giorni dopo la scuola le sospende l'incarico, dichiarando che tre studenti, bambini di circa otto anni, l'avevano accusata di aver diffamato l'islam e tentato di valorizzare il Vangelo. Nei giorni successivi la giovane viene interrogata da tre comitati, oltre al direttore della scuola. Dalle accuse dei bambini, presentate però alla scuola dai genitori, la maestra avrebbe fatto un confronto fra Maometto e il defunto patriarca Shenouda III, giudicando quest'ultimo migliore del primo. Sin da principio Dimyana nega tutte le accuse e viene assolta da tutte le commissioni. Tuttavia, la pressione dei genitori e di altri insegnanti porta il caso davanti al ministero dell'Educazione, che apre un'indagine dei suoi confronti. Fino al suo arresto avvenuto ai primi di maggio 2013.
I casi per insulti alla religione coinvolgono anche i musulmani moderati, soprattutto giornalisti e commentatori televisivi. Il più famoso è quello di Bassem Yousef, considerato il Jon Stewart egiziano, arrestato e in seguito rilasciato dopo diverse denunce per insulti ai Fratelli Musulmani e alla islam. Il suo processo è stato rimandato a settembre. In questi mesi Youssef ha sempre rigettato le accuse giudicandole "strumentali e false". (S.C.)