L’inviato Onu in Myanmar visita un monastero e il carcere Insein
La missione di Pinheiro per provare le cifre della repressione in Myanmar parte da un monastero razziato dai militari e dal famigerato carcere fuori Yangon. Scettici attivisti birmani: la giunta è ben preparata a questa visita, per avere informazioni veritiere l’inviato Onu si rechi sui luoghi non autorizzati dal regime e colpiti dalle violenze.
Yangon (AsiaNews) – Un monastero buddista, obiettivo dei raid miliari, e il famigerato carcere Insein. Da qui è partita la missione dell’inviato Onu per i diritti umani in Myanmar, Paulo Sergio Pinheiro, arrivato lo scorso 11 novembre a Yangon per la prima visita autorizzata dalla giunta birmana da quattro anni a questa parte. Il rappresentante delle Nazioni Unite si è recato ieri al monastero Kya Khat a Bago, nord della ex capitale prima di recarsi oggi al carcere Insein. Ma analisti e dissidenti rimangono cauti sulle possibilità che le Nazioni Unite ottengano risultati concreti dai generali.
L'abate del monastero ha raccontato che nel corso delle razzie i militari hanno arrestato 70 persone tra monaci e novizi, dopo aver malmenato molti dei religiosi presenti nell'edificio e rubato alcuni oggetti d'oro. Oggi, invece, Pinheiro ha trascorso circa due ore nella prigione Insein, appena fuori Yangon. Non è noto, però, se sia riuscito ad incontrare - com'era nelle sue intenzioni - Min Ko Naing e Ko Ko Gyi, tra i leader delle manifestazioni di settembre contro il caro benzina e a sostegno della democrazia. È probabile che il diplomatico brasiliano si rechi domani a Naypydaw per incontrare membri della giunta, ma il programma della sua visita non è ancora definito nei dettagli. Scopo del viaggio è provare le accuse di violazioni dei diritti umani e tentare di scoprire quante siano state effettivamente le vittime della repressione delle proteste pacifiche guidate dai bonzi.
La maggior parte degli analisti rimane, però, scettica su risultati positivi della missione Onu, che segue di pochi giorni quella dell’altro inviato speciale nella ex Birmania, Ibrahim Gambari. Gli esperti vedono nella disponibilità della giunta a collaborare solo una mossa per prendere tempo e allentare la pressione internazionale. Già in passato Pinheiro aveva potuto parlare con tutti i prigionieri politici che aveva richiesto di incontrare, salvo poi scoprire nel 2003 che alcune delle sue conversazioni erano registrate con una microspia.
Tate Naing, Segretario dell’Assistance Association for Political Prisoners ha dichiarato al quotidiano The Irrawaddy di non aspettarsi molto dalla presenza di Pinheiro, “a cui la giunta si era adeguatamente preparata”. “L’inviato Onu – consiglia Soe Tun, portavoce del gruppo “Generazione 88” – dovrebbe visitare non solo i luoghi approvati dal governo, ma anche quelli colpiti dalla repressione, continuata anche durante la visita di Gambari”.
Secondo stime ufficiali gli arresti di manifestanti sono stati 2.927, di cui solo 91 persone rimangono ancora in carcere. Cifre di Ong e diplomazia estera parlano, invece, di oltre 6mila detenuti.
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