L’esercito egiziano schiera i carri armati. Scontri tra democratici e islamisti: 5 morti e 350 feriti
Il Cairo (AsiaNews/Agenzie) - L'esercito egiziano schiera quattro carri armati e tre blindati fuori dal palazzo presidenziale, dopo la morte di cinque persone e il ferimento di almeno altre 350 nei violenti scontri di ieri sera tra democratici e islamisti. La tensione resta alta, e ancora questa mattina nelle strade del Cairo si registrano esplosioni e attacchi tra le due fazioni, con lanci di pietre e bombe molotov. I leader dell'opposizione accusano i sostenitori del presidente Mohamed Morsi di aver fomentato le violenze e attaccato per primi i manifestanti pacifici, che da due giorni protestano per dire no "alla dittatura dei Fratelli musulmani e a una Costituzione scritta dagli islamisti".
Il 4 dicembre scorso decine di migliaia di persone hanno lanciato la "marcia dell'ultimo avvertimento", partita dalle moschee di Rabaa al-Adawaya (Nasr) e di el-Nour (Abassya) e diretta al palazzo presidenziale di Heliopolis. Per fermare i democratici, i sostenitori del presidente Morsi hanno organizzato un corteo intorno all'edificio per difendere il proprio leader. Le proteste sono degenerate, fino al culmine di violenza raggiunto nella serata di ieri.
Per il momento, le forze dell'ordine hanno arrestato 32 persone. Intanto, le proteste si sono diffuse anche in altre città egiziane, e gli uffici dei Fratelli musulmani di Ismailia e Suez sarebbero stati attaccati.
L'opposizione chiede a Morsi di annullare le leggi che gli conferiscono pieno potere (legislativo, esecutivo e giudiziario) in questa fase di transizione, e di rivedere la Costituzione provvisoria, scritta dagli islamisti. Intanto, diversi giudici della Corte costituzionale hanno messo in discussione l'operato di Morsi, e minacciano di boicottare il referendum costituzionale del prossimo 15 dicembre. Fino a quel giorno, gli islamisti si sono detti "decisi" a bloccare qualunque azione contraria. Se la nuova Carta dovesse vincere, l'Egitto potrebbe trasformarsi in uno Stato confessionale, basato non sui principi della sharia, ma su precise norme coraniche.