L’economia cinese mostra segni di ripresa, ma i dati sono contrastanti
Pechino (AsiaNews/Agenzie) – Si rimette in moto l’economia cinese che ad aprile ha registrato la prima crescita dal luglio 2008. E’ quanto si rileva dall’Indice degli acquisti del settore industriale, ritenuto indicativo per la produzione delle ditte manifatturiere, che è salito dal 44,8 di marzo al 50,1 di aprile (un dato superiore a 50 indica espansione della produzione, al di sotto significa contrazione). Gli economisti lo ritengono conseguenza dei finanziamenti per 4mila miliardi di yuan attuati dal governo e del forte aumento dei prestiti erogati dalla banche. Lo State Information Centre (Sic) prevede una crescita del Prodotto interno lordo del 7% nel secondo semestre 2009, ma qualcuno ammonisce sul pericolo di nuovi contraccolpi.
Pur nel diffuso ottimismo, tutti invitano alla cautela: Zhang Yutai, esperto del Centro per la ricerca e lo sviluppo, vero summit di esperti del Consiglio di Stato, dice sul Quotidiano del Popolo che la ripresa è “migliore del previsto”, ma che è ancora prematuro affermare che l’economia è in crescita. Egli ricorda la perdurante poca attività nel settore privato, la scarsa crescita dei redditi e l’incertezza nell’economia mondiale.
Il Sic osserva che la crescita non può basarsi su ulteriori aumenti dei finanziamenti bancari, che porterebbero ad un eccessivo indebitamento delle imprese: indica alla Banca centrale di praticare una politica di tassi di interesse agevolati per le piccole imprese e i nuclei familiari, ritenuti i debitori più deboli e in difficoltà. E’ anche prevista un’ulteriore contrazione delle esportazioni del 20,2% nel periodo aprile/giugno.
Altri notano che non ci sono aumenti dell’occupazione: secondo stime ufficiali del governo oltre 20 milioni di migranti hanno perso il lavoro. E’ anche ritenuto significativo che in questi giorni il presidente Hu Jintao e il premier Wen Jiabao, durante incontri con studenti universitari, li abbiano sollecitati “a cercare lavoro nelle campagne”, ad esempio come insegnanti nelle scuole e portando innovazioni e miglioramenti nelle infrastrutture.
Il noto economista Andy Xie osserva sul South China Morning Post che dal dicembre 2008 al marzo 2009 i prestiti bancari sono saliti di 5.400 miliardi di yuan (540 miliardi di euro), pari al 18%, ma che la gran parte di questo denaro non è andato a sostenere nuovi investimenti: nota che sono pure saliti per 2.300 miliardi di yuan i depositi bancari delle imprese, anche perché l’interesse attivo per il deposito è talvolta superiore al tasso di interesse passivo per il prestito. Egli ritiene che i maggiori investimenti sono soprattutto conseguenza dei finanziamenti statali per 4mila miliardi di yuan, ma che l’immissione di liquidità può sostenere l’economia solo nel breve periodo. Ha il timore che l’economia torni poi a contrarsi, anche perché il modello produttivo e di sviluppo della Cina è sempre dipendente dalle esportazioni, che non accennano ad aumentare, mentre il consumo interno rimane basso quale conseguenza degli scarsi redditi e dell’elevato costo di beni primari, come la casa per abitazione. Conclude che occorre, piuttosto, una riforma strutturale del sistema, con interventi del governo anzitutto intesi a contenere il prezzo delle case per abitazione e a privatizzare molte imprese pubbliche.
Fra l’altro l’economia cinese è ritenuta molto legata a quella statunitense, sia per l’ampiezza degli scambi commerciali tra i due Paesi sia perché buona parte della riserva cinese di valuta estera è investita in titoli statali Usa. (PB)
08/07/2011