L’ambasciatore Usa chiede a Pechino di “rivedere” le politiche sul Tibet
Pechino (AsiaNews/Agenzie) - L'ambasciatore americano in Cina, Gary Locke, ha chiesto al governo di Pechino di "riesaminare le politiche relative al Tibet". Il diplomatico ha ammesso di aver visitato le zone e i monasteri della regione da cui provengono alcuni di coloro che hanno scelto di auto-immolarsi per protestare contro le politiche repressive del governo comunista e chiedere il ritorno a casa del Dalai Lama.
Parlando da Pechino a un forum online in corso negli Stati Uniti, l'ambasciatore ha dichiarato di aver visitato in settembre due monasteri tibetani nella prefettura di Aba (nella provincia cinese del Sichuan), dove si sono verificate la maggior parte delle 55 "auto-immolazioni" di protesta contro la politica cinese nel territorio. Locke si è recato nei monasteri di Songpan e di Kirti "per farsi un'idea di come vivono i tibetani".
Nel corso del suo intervento, Locke ha dichiarato: "Imploriamo i cinesi di incontrarsi davvero con i rappresentanti del popolo tibetano per rispondere alle loro richieste e ri-esaminare alcune delle politiche che hanno portato alle restrizioni, alle violenze e alle auto-immolazioni. Siamo molto preoccupati per questi fattori: nessuno li desidera, troppi morti".
Il governo cinese non ha risposto, ma considera la questione tibetana "un fattore di politica interna" (insieme a Taiwan, la strage di Tiananmen e la situazione della libertà religiosa nel Paese) e reagisce con furia agli stranieri che chiedono conto di quanto accade. In ogni caso, il regime accusa il Dalai Lama di "aver orchestrato" i suicidi nell'area, nonostante il leader buddista abbia più volte chiesto ai suoi fedeli di "salvaguardare a ogni costo la propria vita e quella altrui".