L’Orissa ricorda p. Bernard Digal ad un anno dalla sua morte
di Raphael Cheenath
L’arcivescovo di Cuttack- Bhubaneshwar ricorda il sacerdote morto per le gravi ferite subite durante l’attacco dei fondamentalisti indù. P. Bernard è morto “per sostenere la fede dei cristiani oggi e nutrire i semi della fede delle generazioni future”. Ma “per l’indifesa comunità cristiana il pericolo è sempre dietro l’angolo”.
Bhubaneshwar (AsiaNews) - Domani 28 ottobre ricorre il primo anniversario della morte dei p. Bernard Digal, tra le prime vittime dei pogrom anti-cristiani dell’agosto 2008, spentosi al St. Thomas Hospital di Chennai dopo due mesi di lenta agonia per le gravi ferite subite durante l’attacco dei fondamentalisti indù (vedi AsiaNews, 28/10/2008, “È morto p. Bernard Digal, l’India piange un nuovo martire dell'Orissa”). I suoi assassini non sono ancora stati arrestati e la famiglia non ha mai ricevuto alcun risarcimento. La Chiesa indiana si appresta a ricordarlo nel giorno esatto della sua morte con una messa presso la chiesa di San Vincenzo a Bhubaneshwar. A presiedere la celebrazione di suffragio sarà mons. Raphael Cheenath, arcivescovo della capitale dell’Orissa, che ci ha offerto questa riflessione sulla figura del sacerdote e sull'attuale situazione dei cristiani del Kandhamal.
Nel Kandhamal e negli altri distretti dell’Orissa il pericolo è sempre dietro l’angolo per l’indifesa comunità cristiana. L’altro ieri un giornale locale ha pubblicato un articolo in cui c’era scritto che le forze estremiste affermano che le conversioni al cristianesimo sono il mio principale interesse. Oggi un altro giornale afferma che gli assassini dello Swami Laxmanananda Saraswati [leader indù il cui omicidio ha scatenato i pogrom anti-cristiani, ndr] sono militanti maoisti, ma che esiste un altro gruppo che li sostiene e dietro cui ci sarei sempre io.
Il Sangh Parivar [organizzazione di estremisti indù, ndr] diffonde queste menzogne per continuare a giustificare tutti i suoi crimini anche se tutti sanno che si tratta di falsità costruite ad arte. Il problema è che proseguirà a sostenere queste menzogne grazie al silenzio del governo dello Stato e di quello centrale.
La cruda realtà degli attacchi contro i cristiani è ancora un fatto attuale e non è per nulla un problema risolto. Penso che nuove violenze degli estremisti indù potrebbero scoppiare ancora, non solo nel Kandhamal, ma anche nel resto del Paese. Il Sangh Parivar non fermerà il suo progetto di cancellare il cristianesimo dal Kandhamal e dall’intero Stato dell’Orissa.
“Non c’è un angolo del mio corpo che non abbia ricevuto percosse” mi diceva p, Bernard. Gli estremisti lo hanno picchiato per ore con piedi di porco, lathis, [lance], assi di legno, lasciandolo completamente nudo.
Il suo sangue è stato versato per il Kandhamal nel vero senso della parola, per incoraggiare e sostenere la fede di noi cristiani oggi e nutrire i semi della fede delle generazioni future.
Il Sangh Parivar ha preso di mira in modo specifico i nostri sacerdoti le nostre suore, i leader religiosi impegnati senza alcun secondo fine nel duro lavoro di aiuto a bisognosi, emarginati e poveri. Gli estremisti si oppongono al lavoro dei missionari perché essi contribuiscono all’emancipazione dei poveri e dei negletti liberandoli dallo sfruttamento e dall’oppressione.
Oggi, molte persone costrette a farsi indù durante i pogrom, ritornano nella Chiesa. Adesso raccontano senza timore ai nostri sacerdoti l’angoscia profonda, le grandi sofferenze, il tormento della loro anima quando sono stati obbligati ad accettare l’induismo. Il nostro p. Bernard era uno di loro. Lui era un giovane di questa terra che Dio ha scelto perché venisse ordinato sacerdote, soffrisse per il Kandhamal sino a morire, per diventare un segno di Cristo risorto per i suoi confratelli. Noi dobbiamo ringraziare il Signore per la sua testimonianza di fede.
Oggi dei 50mila cristiani del Kandhamal, circa 10-15mila sono fuggiti dal distretto, altri 15mila vivono come sfollati e gli altri sono tornati nelle loro case. La ricostruzione delle abitazioni procede, ma non sappiamo quando in questa nostra bella terra di Orissa ritornerà l’armonia.
(Ha collaborato Nirmala Carvalho)
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