L’Onu esamina la situazione dei diritti umani in Uzbekistan
Tashkent (AsiaNews/Agenzie) – Non ha soste in Uzbekistan la repressione contro attivisti per i diritti umani, ma anche contro chi vuole solo professare la sua religione con libertà. C’è attesa per le determinazioni del Comitato delle Nazioni Unite per i diritti umani, che l’11 e 12 marzo ha esaminato la questione.
Le autorità uzbeke colpiscono sempre più qualsiasi forma di organizzazione non statale. Il 15 marzo il pubblico ministero ha iniziato le indagini sulla cittadinanza del villaggio di Novbahor, distretto di Parkent, per avere dato denaro all’attivista per i diritti Azamat Yakubov per costruire un impianto per la fornitura di gas alla zona. L’attivista è popolare nel villaggio per la sua opera a favore dei residenti e l’intera cittadinanza, il 10 e 11 marzo, ha manifestato davanti al municipio contro la sua detenzione. L’analista politico Tashbulat Yuldashev, esiliato negli Usa, spiega all’agenzia Uznews che le autorità vogliono dimostrare che Azamat con quel denaro avrebbe fatto altro, nonostante la costruzione dell’impianto di gas sia davvero iniziata e nonostante egli ci abbia investito anche circa 20 milioni di sum (circa 6mila euro) propri. Intanto a media filogovernativi sono stati chiesti articoli su quanto le autorità locali abbiano migliorato i servizi nelle aree rurali.
Alla fine di febbraio il tribunale di Almalyk ha condannato 13 cristiani battisti a multe per 3,8 milioni di sum ciascuno (pari a due volte il salario minimo mensile, circa 1.200 euro) per “avere fatto proselitismo”. In realtà il gruppo era stato trovato dalla polizia, alla fine di gennaio, in possesso di libri religiosi come la Bibbia.
I 18 esperti del Comitato Onu, che ha in corso il 13mo convegno annuale a Ginevra fino al 26 marzo, hanno all’esame la situazione del Paese e dovranno svolgere le osservazioni, in teoria obbligatorie per l’Uzbekistan in forza della Convenzione Onu per i diritti civili e politici. Il gruppo Human Rights Watch ha sollecitato il Comitato Onu a chiedere a Tashkent il rilascio degli attivisti detenuti e a fermare le violazioni dei diritti umani, in quanto teme che l’Onu possa soddisfarsi per una mera dichiarazione di principi da parte di Tashkent, senza iniziative concrete. Per questo la ong ha anche elencato 14 attivisti per i diritti e giornalisti arrestati per il loro lavoro (tra cui il poeta Yusuf Juma, nella foto), di cui chiede il rilascio, e ricorda la mancanza di libertà di parola e di religione e l’impunità di cui godono polizia e funzionari di governo.
L’Uzbekistan è ricco di energia e i Paesi occidentali, dopo un lungo embargo, appaiono ansiosi di riprendere contatti e commerci, anche per non lasciare il campo libero a Russia, Cina e altri Stati non interessati alla violazione dei diritti umani. Holly Carter, responsabile di Hrw per Europa e Asia centrale, chiede al Comitato “di non lasciarsi imbrogliare da iniziative vuote [di Tashkent, come la promessa di prossime riforme] e di insistere per riforme effettive e sostanziali”.